Il titolo di studi in ingegneria resta ancora un’ ottima alternativa per il lavoro nonostante le evoluzioni normative degli ultimi anni hanno modificato non solo il sistema universitario ma anche l’accesso all’albo, portando in basso la formazione accademica e sfilacciando quel legame necessario con il mondo del lavoro e delle professioni
Secondo i dati sull’occupazione presentati dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri e ripresi dal Sole 24 Ore, nel periodo 2008-2014 le imprese hanno richiesto 17.840 ingegneri, il 9% in più rispetto all’anno scorso.
Il dato complessivo ha registrato 27.300 ingegneri disoccupati nel 2014, cifra record negli ultimi 15 anni e raddoppiata rispetto al 2008, anno di inizio della crisi. Ma anche in questo caso vanno fatti alcuni distinguo: se la cavano ancora gli ingegneri specializzati in impiantistica, ma soffrono gli edili e gli strutturisti.
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Per quanto riguarda la specializzazione la parte del leone la fanno gli indirizzi legati al terzo settore, quello dei servizi (ingegneria dell’informazione e ingegneria elettronica, con 8240 assunzioni), e quello industriale (4980 assunzioni).
Faticano, invece i percorsi legati all’ingegneria civile ed ambientale, sulla scia della recessione nel settore delle costruzioni: “solo” 1440 le assunzioni registrate. Marcate anche le disparità geografiche, con il sud Italia capace di assorbire appena 2mila ingegneri (con un calo allarmante di oltre il 21% rispetto al 2013) mentre quattro regioni da sole assorbono i due terzi degli ingegneri italiani e cioè Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Piemonte.
Diversi i punti critici su cui si vorrebbe mettere mano: il flop del modello del 3+2, e in particolare, del titolo di primo livello per l’inserimento nel mondo del lavoro. Ecco quindi l’idea di puntare a una laurea di primo livello professionalizzante per coloro che avessero intenzione di procedere, subito dopo il conseguimento del titolo, alla ricerca di un’occupazione, oppure propedeutica per coloro che invece fossero intenzionati a proseguire gli studi ottenendo una laurea specialistica. Parallelamente, un corso di laurea a ciclo unico quinquennale nella materie ingegneristiche, senza portare a una diminuzione né all’abolizione dei corsi triennali.
A dover essere rivisti, poi, i percorsi di accesso dei laureati ai diversi settori dell’albo professionale per mancanza di una corrispondenza tra corso di studi e specializzazione. Così come interi contenuti nei percorsi formativi appartenenti alla stessa classe di laurea ma profondamente diversi a seconda dell’ateneo di provenienza. Con la conseguenza che i laureati nelle discipline tecnico-ingegneristiche risultano sempre più spesso sforniti di una completa formazione di base, indispensabile al momento dell’inserimento del laureato nel mondo del lavoro.
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