Non voleva rinunciare ad indossare la jellaba, l’abito che esprime il credo delle donne musulmane, e il preside l’aveva cacciata dalla scuola, la high school di Luton, nel Bedfordshire. La ragazza, per nulla impaurita, aveva denunciato il capo d’istituto e oggi, a distanza di circa due anni dai fatti, la corte d’appello inglese ha dato ragione alla ricorrente, condannando il preside per avere illegalmente espulso la ragazza, negandole il diritto allo studio e a professare la propria fede religiosa.
Grande soddisfazione espressa non solo dalla studentessa, convinta che il suo gesto potrà servire a dare forza e coraggio a tante altre ragazze che vivono il suo stesso problema, ma anche da parte di uno dei più importanti sindacati degli insegnanti inglesi, la National Union of Teachers, che definisce la sentenza un passo in avanti sulla strada del rispetto dei diritti umani, contro ogni pregiudizio e bigotteria. Il Consiglio musulmano di Gran Bretagna, oltre a felicitarsi per la decisione dell’alta corte, sottolinea il suo stupore per il fatto che in una società libera come quella inglese, ci sia ancora chi debba lottare per avere riconosciuti i diritto più elementari, come quello di professare liberamente e in ogni luogo la propria fede.
Dall’altra parte della Manica, come prenderanno questa sentenza i musulmani di Francia ancora feriti dalla recente legge sulla laicità che vieta l’ostentazione di qualsiasi simbolo religioso nelle scuole?
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