Secondo una recente inchiesta condotta da alcuni ricercatori della Bristol University, sembrerebbe che la scuola, invece di favorire la coesione sociale e l’integrazione, acuisca paradossalmente la segregazione razziale. Ciò si verificherebbe in massima parte nelle grandi aree urbane dove c’è un’ampia possibilità di scegliersi la scuola che più si avvicina ai propri modelli culturale: accade quindi che a Londra, Liverpool o Manchester genitori bianchi scelgano un istituto in cui gli alunni bianchi sono in maggioranza e la stessa cosa fanno i genitori neri o asiatici. Anzi, i dati forniti dall’inchiesta mostrano che sono proprio le famiglie di origine asiatica, indiani e pakistani in particolare, a tendere all’isolazionismo preferendo istituti con più forte presenza di alunni originari del sud dell’Asia. L’inchiesta conclude che la segregazione etnica è più accentuata a scuola che nei quartieri e che, per favorire una più omogenea redistribuzione dei gruppi, occorrerebbe spostare da una scuola all’altra almeno il 50% degli alunni. Il professor Burgess – responsabile dell’équipe di ricercatori che ha condotto lo studio – si chiede se la scuola non debba fare qualcosa per impedire l’estendersi di questo fenomeno. Tra i tredici e i diciotto anni, infatti, i giovani studenti elaborano e mettono a punto spesso definitamente il loro sistema di valori. Non avere alcun contatto a scuola con coetanei di altre etnie non favorisce di certo la coesione sociale.
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