Quando, nella seconda metà degli anni ’70, Antonello Venditti cantava a Sara di non vergognarsi se non entrava più nel banco, il fenomeno delle gravidanze indesiderate a scuola era sul nascere e una ragazza incinta era additata ed esposta alla pubblica riprovazione. A circa trent’anni di distanza molte cose sono cambiate, contraccettivi e pillole del giorno dopo sono quasi di routine a scuola, se non in Italia, di certo in Francia o in Gran Bretagna. E proprio nel Regno Unito si scatena l’ennesima polemica, dopo la rivelazione-choc, in pieno "question time", del Ministro dell’Istruzione che, rispondendo a una domanda di un deputato dell’opposizione, ha annunciato che quattrocento studentesse al di sotto dei sedici anni erano state temporaneamente sterilizzate, con il loro consenso ma all’insaputa dei genitori. Attraverso l’impianto di un particolare contraccettivo a lento rilascio – facilmente espiantabile – che garantisce un periodo d’infertilità di tre anni, il Governo ha inteso far fronte a una vera e propria emergenza: secondo stime ufficiali, già nel 2001, più di settemila giovani liceali erano incinte tra i banchi di scuola. Settemila gravidanze, delle quale almeno quattromila si sono concluse con un aborto. Insorgono opposizione e associazioni religiose, secondo cui una misura del genere non aiuterà le adolescenti ad acquisire un comportamento sessuale responsabile ma anzi le spingerà a moltiplicare senza precauzioni il numero dei partner, con evidenti rischi per la salute.
Di contro, il giudizio dei medici di un consultorio familiare per adolescenti è positivo: per un medico – sostengono – la priorità è evitare di trovarsi faccia a faccia con una ragazzina che chiede di abortire. E spesso si tratta di bambine di appena dodici anni!
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