I lettori ci scrivono

Ingiusto far parti uguali fra scuole diseguali

I finanziamenti alle scuole (MOF) vengono dati secondo i seguenti parametri: numero sedi, numero posti del personale in organico di diritto.

Prima c’erano i fondi per i progetti delle scuole a rischio, insufficienti e dati in maniera spesso clientelare. Da pochi anni questi pochi fondi vengono dati a pioggia a tutte le scuole e sono diventati irrisori.

In questi mesi si svolgono le prove Invalsi e gli insegnanti si chiedono giustamente a cosa servono. Misurare le competenze chiave europee (italiano, inglese e matematica) che puntualmente vengono rilevate insufficienti nel Meridione e nei quartieri a svantaggio economico-sociale, potrebbe essere utile per dare più risorse economiche alle scuole situate nelle aree a rischio (risorse consistenti).

Per l’attribuzione dei progetti PON se ne tiene conto per la verità, ma evidentemente non basta perché sono risorse rivolte esclusivamente ai docenti e ai progetti con gli alunni.

Queste scuole ricevono non solo finanziamenti uguali alle altre scuole, considerati i parametri di cui si è detto, ma soffrono anche per le spese di funzionamento, specie quelle del primo ciclo. Mentre le scuole superiori possono contare sulle tasse  di iscrizione, le scuole del I ciclo devono basarsi sui contributi volontari. E qui si attua un’ulteriore discriminazione. Nelle scuole del primo ciclo situate in aree a rischio i contributi volontari, anche se ridotti a una quota minima, sono pari a zero. I suoi utenti, avendo problemi di sopravvivenza economica, pretendono giustamente tutto dallo Stato (l’istruzione è un  diritto costituzionale) e si arrabbiano quando gli chiedi di comprare la carta igienica o altro. E gli alunni di queste scuole non possono ricevere  quei progetti di inglese o di coding che altre scuole più ricche si possono permettere con il contributo dei genitori.

Come dice don Milani:” Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.”  (Lettera a una professoressa)

Ma di questo nessuno ne parla, salvo a lamentarsi ipocritamente dei ragazzi che si perdono e vanno sulla cattiva strada. Si buttano soldi in progetti inutili e non si arriva al cuore del problema. Continuerò a gridare nel deserto finché qualcuno non mi ascolterà. E’ la battaglia di una vita, prima come docente e poi come dirigente scolastico di una scuola di frontiera di Napoli, nei Quartieri Spagnoli.

Eugenio Tipaldi

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