Un gruppo nutrito di insegnanti di lingua spagnola ha chiesto alla ministra di lasciare ai genitori la scelta, già alle elementari, della seconda lingua straniera da fare studiare ai figli. E a questo proposito portano tutta una serie di argomentazioni:
• Sono 500 milioni coloro che parlano spagnolo essendo la terza lingua più parlata al mondo;
• con 21 paesi di lingua ispanica, lo spagnolo è la seconda madrelingua al mondo;
• lo spagnolo è lingua ufficiale delle Nazioni Unite.
• In ultimo ricordano che dal 2004 lo spagnolo ha ottenuto grande successo e gradimento, visto che il numero degli studenti si è quadruplicato.
Ergo, dicono gli insegnanti di spagnolo, dopo l’inglese, riteniamo giusto che a genitori e studenti sia data libera scelta, inserendo l’insegnamento dello spagnolo già dalle elementari e ampliandone l’orario nella scuola secondaria.
E il ragionamento non fa una piega, se non ci venisse da parte degli insegnanti di tedesco similare graduatoria.
E infatti loro dicono: in Europa è la lingua più parlata con oltre 150 milioni di germanofoni: Germania, Svizzera, Austria, comprese regioni italiane;
il nostro partner commerciale più vicino e ricco per acquisti di prodotti ortofrutticoli e vendite di tecnologia è la Germania che è anche la locomotiva d’Europa;
in Germania c’è il numero più grande di emigrati italiani e dall’area germanofona arriva oltre il 60% dei turisti e i tedeschi sono i maggiori conoscitori dell’Italia e delle sue arti, compresi linguisti illustri, ma anche archeologi, latinisti e grecisti;
a parte il fatto che la grande cultura, dall’idealismo al romanticismo, dalla musica alla pittura, compresa la politica, K. Marx, e tutto il pensiero socialista, parla tedesco.
Dunque, come la mettiamo? ci scrivono dei docenti di lingua e civiltà tedesca.
E’ vero che dal 2004 c’è stata l’impennata dello spagnolo, a scapito del francese soprattutto, ma è anche vero che per lo più si è trattato di una moda, visto che fino al 2000 circa nessuno richiedeva lo spagnolo, tant’è che i docenti erano pochissimi.
In quel tempo, viene sottolineato, avrebbero voluto che l’insegnamento delle lingue straniere non fosse disciplinato dalla “libera scelta”, ma da regole precise, simili a quelle che scandiscono le altre materie del curriculum.
E per una riflessione sana: che succederebbe in una scuola, con tre prime classi, se per tre anni di seguito, ad esempio, tutti i ragazzi scegliessero francese e nei successivi tre anni tutti scegliessero francese e nei successivi tre anni ancora tutti optassero per il tedesco?
Se la libertà di scelta della lingua straniera è un valore, deve essere rispettata fino in fondo, e se nell’arco di nove anni, come nel nostro, esempio, si fosse poi di fronte allo scempio umano e culturale e professionale di tre diversi organici, chi ne piangerebbe le conseguenze?
Ciò che nella scuola convince sempre meno, è questa battaglia all’ultima cattedra e all’accaparramento del primo posto disponibile, mentre si cerca sempre più raramente di fare fronte comune e in comune trovare uscite di “sicurezza” condivise.
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