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Inglese, il “maestro” ora si chiama internet

L’inglese oggi si apprende dai nuovi mezzi di comunicazione (tv, Internet e videogiochi) e sempre meno attraverso il canale della scuola. La sorprendente notizia proviene da uno studio della società “Eta Meta Research”, la società romana di ricerca nata per “conoscere i mercati e i fenomeni sociali per innovare continuamente ed essere sempre al passo con ciò che accadrà”: per giungere a questa conclusione ci si è avvalsi dellacollaborazione con 130 esperti tra psicologi, psicopedagogisti e linguisti, che hanno condotto 8 focus group con 90 bambini tra i 6 e i 16 anni, e grazie ad un monitoraggio delle principali reti nazionali e satellitari per individuare la “tipologia di inglese” utilizzata nei diversi contenitori. Il risultato raggiunto è che per il 70% degli esperti interpellati oggi i nuovi mezzi di comunicazione non avrebbero concorrenti in qualità di fonti di apprendimento dell’inglese per giovani e giovanissimi. Il problema è che però, soprattutto per quanto riguarda la tv, “tra parolacce, errori lessicali e grammaticali, e slang meno del 12% delle trasmissioni in lingua straniera, tra quelle in onda sui normali canali o sul satellite, merita la promozione”.
Ma quali sono le fonti moderne a cui attingono i giovani italiani? Al primo posto c’è il piccolo schermo (67% degli esperti intervistati): a far salire in cattedra la tv sono soprattutto i video musicali (39%) trasmessi dalle varie emittenti e i programmi stranieri in onda sui canali satellitari (27%); in misura molto minore (11%) i veri e propri corsi di inglese trasmessi da diversi canali, sia delle emittenti nazionali che di quelle satellitari. Ma la televisione non è certo la sola a contribuire alla diffusione tra i più giovani della lingua più diffusa al mondo: secondo il 49% degli intervistati, internet sta infatti contribuendo fortissimamente a insegnare l’inglese ai giovani. Dai focus emerge infatti che gli adolescenti navigano abitualmente anche in siti di lingua inglese e che alcuni dialogano in inglese grazie alle chat. Terzo posto, nella classifica dei nuovi insegnanti di lingue, i corsi multimediali (41%), pensati apposta per i più giovani, che attraverso l’interattività e giochi avvicinano i bambini alla lingua straniera. Anche se in misura minore, gli stessi videogiochi (32%), dove sempre più spesso i protagonisti “parlano” e interagiscono con i giocatori, aiutano la comprensione dell’inglese.
Per gli esperti, invece, la scuola, a dispetto di quanto si possa credere,  contribuirebbe “molto poco” alla diffusione dell’inglese tra giovani e giovanissimi: solo il 21% è convinto che sia rilevante. Secondo il 34% degli intervistati, il sistema scolastico sarebbe l’artefice di questo scollamento poiché metterebbe in atto linguaggi e metodi troppo “vecchi”, in cui i più piccoli sono i primi e non riconoscersi. Tra le cause di questa disaffezione, secondo il 22%, anche il fatto che una lingua inglese richiede un esercizio quasi quotidiano, mentre le lezioni sono troppo poco frequenti. Una certa influenza (11%) l’avrebbe anche il fatto che in alcuni casi i professori a cui viene affidato l’insegnamento della lingua non sono poi preparatissimi.
Da un punto di vista qualitativo però c’è poco da rallegrarsi per questo passaggio di mano delle fonti di reperimento dell’inglese: il 53% degli esperti, infatti, concorda sul fatto che in molti casi la lingua appresa da alcuni mezzi sia ben lontana da quella corretta. Secondo gli intervistati che hanno condotto i focus, infatti, la lingua parlata dai giovani e dai giovanissimi è piena di “errori grammaticali e sintattici” (33%), e ancora più preoccupante è che sia “farcita di parolacce, o espressioni di insulto” (29%), di termini che derivano dallo “slang” (27%) e di parole che derivano da altre lingue, assimilate poi all’inglese (13%).
Sotto accusa, in questo caso, è la tv: in particolare il top della scorrettezza linguistica spetterebbe ai video musicali, soprattutto al rap (59%), pieni di insulti, espressioni dialettali e di violenza. Ma non solo: da bocciare è anche il linguaggio di molte trasmissioni in onda su canali ritenuti “affidabili” (44%), dove il boom di programmi simil reality ha portato al moltiplicarsi di insulti e imprecazioni. Un po’ più di controllo si riscontra invece sui canali nazionali, dove gli errori sono legati soprattutto ad un uso di termini in inglese assolutamente fuori luogo e con significati ben diversi da quelli corretti (35%). Sicuramente più corretto l’apprendimento dagli altri media: nella classifica di quelli che gli esperti promuoverebbero, i corsi multimediali sono sicuramente al primo posto (39%): coniugano l’interattività e il divertimento con contenuti controllati e adatti, soprattutto per il pubblico più giovane. Al secondo posto, internet e videogiochi (22%), dove però rimane indispensabile una presenza attiva dei genitori; seguiti dalla radio (15%) e dalla tv (12%), a patto che ci sia sempre “grande attenzione” nella selezione dei programmi. Insomma, per un buon apprendimento dell’inglese la presenza di una “guida”, docente o genitore che sia, rimane sempre un requisito pressoché indispensabile.
 
Alessandro Giuliani

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