Finalmente è finita e tra lunedì sera e martedì 26 sapremo da chi verremo governati, anche se nulla toglie, e i presupposti ci sono, che la composizione degli schieramenti politici al Palamento rilascino una falla di ingovernabilità difficilmente gestibile e componibile.
Ritorneremo a votare? Forse, visto pure che tutto si gioca anche sulla percentuale dei votanti, sugli ancora indecisi e gli astenuti. Dai dati che si possono raccogliere tuttavia, non pare ci sia un partito più favorito degli altri, almeno tra Pd, Pdl e 5Stelle e tutto si gioca su pochi scarti percentuali tali però da non consentire maggioranze certe, a meno che non si trovi un machiavellismo politico per coalizzare però programmi che finora sono apparsi contrapposti fra loro.
E se ciò avvenisse si dovrebbe pure prendere atto che il bipolarismo, così caro a tanti politologi, non avrebbe più motivo di vegetare, mentre si dovrebbe contestualmente ritornare al proporzionale puro, quello che ha contrassegnato i 40 anni della cosiddetta Prima repubblica.
Fra l’altro, tutta questa pletora di partiti che si coalizzano sotto un’unica chioccia o che giocano in solitaria o che tentano disturbi o che implementano ricatti sottobanco, non dimostrano forse che non si può soffocare la millenaria storia italiana dei mille campanili e delle mille fazioni e delle mille ideologie?
Se dunque, constatata la mancanza di una maggioranza stabile al Parlamento che possa consentire la governabilità, si andasse alla creazione di una grande coalizione tra due/tre schieramenti, i quali fra l’altro da due messi si picchiano di santa ragione e che nei loro programmi hanno sventolano distanze siderali, non ci sarebbero giustificazioni di sorta per continuare in questa commedia degli errori, rappresentata sul traballante palcoscenico di un bipolarismo dell’assurdo.
Un teatro politico dell’assurdo che ha pure permesso, per ottenere qualche punto in più e quindi il premio di maggioranza, di appiattire tutto il dibattito, inseguendolo come fa la spalla col capocomico, attorno a un copione già recitato e perciò sgualcito e stucchevole, mentre temi altrettanto importanti, compresa la scuola e l’istruzione, hanno avuto ruoli di semplice comparsa.
Qualche esperto, riferendosi proprio a questa sorta di rappresentazione che la politica si sta affannando a dare, afferma che i suoi esponenti “soffrono di una sindrome neuropatica con disturbi del comportamento. Vivono cioè fuori dalla realtà”, mentre perfino gli analisti finanziari di Mediobanca Securities esprimono dei dubbi sulla stabilità del prossimo governo.
I rischi più gravi, secondo il loro rapporto, appaiono legati al recupero di Silvio Berlusconi e al ruolo del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che, navigando attorno al 20% dei consensi, sarebbe una sorta di spina nel fianco o comunque una mina vagante contro la barca di Bersani, dato fino a qualche giorno fa vincitore assoluto, e che forse oggi si morde le mani per avere consentito la nascita del Governo tecnico piuttosto che spingere, un anno fa, alle elezioni anticipate.
In ogni caso, per quanto riguarda il mondo della scuola, bisogna prendere atto dei programmi che, da quando è iniziata la campagna elettorale, abbiamo pubblicato sul nostro sito per rendere chiaro il più possibile gli indirizzi dei partiti in materia di istruzione, alcuni dei quali, e lo sottoscriviamo, sono pure di una vaghezza impressionante, come a volere stare bene attenti a non prendere alcun impegno misurabile di fronte agli elettori.
Ma ci viene pure notizia di una pratica ormai assai diffusa, quella di fornire statistiche errate e fasulle, con relativa e reiterata recidiva. Una per tutte: su 31 affermazioni analizzate di uno dei maggiori personaggi politici in lizza per il Governo della Nazione, ben 18, pari cioè al 58%, sono risultate false. E se si falsifica già dietro le quinte, direbbe un attor comico, quando si è in scena la menzogna, più che un venticello, rischia di diventare un uragano dal quale poi sarà difficile riparasi e proteggersi.
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