Come è noto il 4 maggio inizieranno le prove Invalsi con italiano alla primaria e già i sindacati annunciano boicottaggi, così come è stato gli altri anni. Per molti insegnanti le prove Invalsi non sanno da fare cosicchè il primo a proclamare lo «sciopero di mansione», con gli insegnanti che si rifiuteranno di somministrare i test Invalsi il 4-5 maggio nelle scuole primarie e il 12 maggio nelle scuole superiori, è stato l’Usb, l’Unione dei sindacati di Base: «Non si tratta di test del tutto oggettivi – sottolinea Antonio Ferrucci, dell’Usb P.I. Scuola -. Ma non vi è alcuna prova che abbiano prodotto miglioramenti nella qualità dell’insegnamento o nell’innalzamento dei livelli di apprendimento». Ma allora perché sono di prassi in tutta l’Europa? E perché su queste prove tanto si insiste, nonostante le lacerazioni?
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Per l’Usb, la somministrazione delle prove interrompe le ore di lezione, violando il diritto allo studio di tutti gli studenti, anche di quelli in difficoltà e con disabilità i cui risultati vengono elaborati dall’Invalsi a parte. Ed è vera questa osservazione, ma nessuno però protesta se in periodo di referendum o di elezioni politiche e amministrative le scuole chiudono: non viene leso anche in questo caso il diritto allo studio degli studenti che dovranno fare a mano di due giorni di lezione?
In realtà, come ormai succede da parecchio tempo, ogni anno alcune sigle sindacali tentano il “boicottaggio” delle prove Invalsi in italiano e matematica. Ma sempre con scarsissimo successo. Lo scorso anno, per esempio, quando le critiche furono molto forti anche per via del Ddl di riforma della scuola in discussione in parlamento alla fine alla scuola primaria il tasso di partecipazione negli istituti campioni fu dell’87%; e alle medie di circa l’80%.