Oggi, 1 settembre, inizia ufficialmente l’anno scolastico 2023/2024. Si tratta di un giorno importante soprattutto per docenti e personale scolastico, impegnati in questo periodo in adempimenti, collegi docenti, programmazione. Il celebre maestro e giornalista Alex Corlazzoli ha scritto un articolo molto polemico sul tema, pubblicato da IlFattoQuotidiano.
Collegi docenti come riti funebri?
Corlazzoli ha criticato l’eccessiva burocratizzazione della scuola: “Sono più di quindici anni che faccio questo mestiere e non ho mai sentito un collega dire: ‘Che bello rivedersi. Ho voglia di tornare a scuola’. La verità è che nessuno vuole bene alla Scuola. E’ oggi considerata non come una comunità, non come un mestiere che ti dona l’opportunità di crescere insieme a dei bambini e a dei ragazzi; non un luogo dove ridere, dove gioire, dove sognare, dove immaginare. Tutt’altro. Oggi nella maggior parte dell’Italia si svolgerà il ‘rito’ funebre del collegio docenti: nella maggior parte dei casi il preside parlerà da solo, farà una sorta di ‘omelia’, stilerà la lista dei problemi (‘Mancano i docenti di sostegno’; ‘Non abbiamo i bidelli lì’; ‘Non abbiamo gli spazi là’); magari ricorderà che lo sciopero è meglio non farlo cercando di intimidire il gregge. Nulla di più”.
Il sogno di Corlazzoli
Ecco cosa desidera, utopicamente, il maestro: “Sfido chi in un collegio docenti inizierà leggendo un pezzo di ‘Lettera a una professoressa’ visto che siamo nel centenario milaniano. Di fronte a questo scenario ci dovrebbe essere chi si ribella. Chi agitando un libro del priore di Barbiana o di Mario Lodi o di Maria Montessori provi a chiedere di mettere fine alla burocrazia; che non si facciamo più corsi di formazione sulla sicurezza fasulli; che vi sia l’abolizione del voto; che si possa davvero decidere insieme come condurre una scuola coinvolgendo anche i genitori (oggi i collegi docenti sono solo nelle mani dei presidi e i consigli d’istituto sono una farsa). Sogno e continuo a sognare una scuola (e provo a farla) dove nessuno entri in aula dicendo ‘Apriamo il quaderno’ ma ‘Che è successo oggi nel mondo?’. Desidero una scuola dove gli insegnanti siano i primi ad ammettere i loro limiti e pregi (‘Io so insegnare matematica perché la amo, mi appassiona’, non è il mio caso personale; ‘Io vorrei insegnare arte perché visito gallerie ogni weekend’).
“Sogno una scuola dove le aule siano aperte, dove nei corridoi vi siano musica in filodiffusione e piante ad accogliere i bambini e volti sorridenti, non certo già stanchi il primo giorno per quel masso che gli sta per cadere addosso. E’ solo un sogno? Forse no, ma serve che ciascun collega inizi a voler davvero bene alla scuola, perché lì crescono coloro che potranno salvare il nostro pianeta, che guideranno le nostre comunità, che educheranno i nostri figli. Lì – e lo dico egoisticamente (e ironicamente) – crescono quelli che un giorno ci cureranno. Ed è meglio che crescano bene. Sapendo scrivere e leggere, certo. Sapendo fare un lavoretto e suonare il piffero, certo. Sapendo alzarsi in piedi quando entra il professore, certo; ma soprattutto amando la parola, la musica, l’arte, la storia e sapendo che tocca a ciascuno di loro far vivere la Costituzione”, ha concluso il maestro.