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Inizio anno scolastico, “giornate di fuoco. La Scuola è nuda”

Facile, in questi giorni accanirsi: “Tu uccidi un uomo morto”, risponderebbe la Scuola-Ferrucci all’osservatore-Maramaldo. In effetti le ferite aperte sono molte e sempre più profonde, in quanto coinvolgono migliaia di persone: docenti, alunni, genitori. La normativa scolastica è, in Italia, la più complessa della PA.

Per l’art. 97 Cost.i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. In particolare, il buon andamento implica che l’attività della PA deve essere diretta a realizzare l’interesse pubblico. Per far ciò, l’azione amministrativa deve essere guidata non solo dal principio della legalità ma anche dai principi dell’efficacia ed efficienza. In particolare, il principio di efficienza o di economicità fa riferimento ai mezzi impiegati dall’amministrazione nella propria attività dove un’amministrazione si dice che è efficiente quando adotta i mezzi piu adatti e meno costosi per svolgere i propri compiti (un’amministrazione che impiega piu personale, più denaro, ecc…agisce in modo inefficiente o comunque non economico).

Tale principio in sostanza ha lo scopo di evitale gli sprechi. Il principio di efficacia riguarda invece i risultati effettivamente raggiunti: un’amministrazione è efficiente se riesce a raggiungere i risultati che si è prefissata di voler raggiungere. Quindi, per es., l’amministrazione scolastica è efficiente se riesce a ottenere una buona preparazione culturale o professionale degli studenti o riesce ad evitare troppi abbandoni. Sulla base di tale previsione normativa, i criteri generali da osservare sono: 1) economicità; 2) rapidità; 3) efficacia; 4) efficienza; 5) miglior contemperamento dei vari interessi.

La realtà della scuola pubblica italiana, statale e paritaria, al 1 settembre 2018 parla un’altra lingua e non risponde ai criteri dettai dalla Costituzione:

1) lo Stato spende, per ogni alunno della scuola pubblica statale, 8.000,00 euro annui solo di spese correnti a cui vanno sommate le spese delle Regioni, Province e Comuni; 2) l’assegnazione delle cattedre si fa di anno in anno più drammatica; la dirigente di un ufficio scolastico provinciale, il 28 agosto confida: “Sono sola e devo chiudere gli organici di un’intera provincia. Lavoro senza sosta da oltre due mesi, sabati e domeniche inclusi, fino a tarda sera”; 3) le cifre dell’inefficienza sono implacabili: mancano 1800 presidi, con reggenze che vedranno quadruplicate le sedi e raddoppiati gli alunni; 80.000 saranno i posti coperti da supplenti (quando arriveranno); 50.000 cattedre di sostegno saranno “in deroga”, ovvero posti a tempo determinato sulla pelle dei bambini e ragazzi disabili e mancheranno 2000 direttori dei servizi amministrativi.

In aggiunta a queste “piaghe”, la prospettiva di una spesa di oltre 6 miliardi di euro l’anno, data dal tracollo, fortemente auspicato da una componente del bicolore politico, delle scuole pubbliche paritarie. Qualora fosse ucciso il pluralismo educativo, oggi affermato solo a parole perché il povero non può scegliere dove educare suo figlio, sarebbe “un disastro”, come ha lapidariamente affermato un ministro del Bicolore. La soluzione è una: occorre garantire la libertà di scelta educativa dei genitori dando a questi il potere decisionale attraverso il costo standard di sostenibilità per allievo. In sintesi, come il Ministro Bussetti ben sa, il sistema del costo standard di sostenibilità:

– permetterebbe di soddisfare il diritto fondamentale a) degli alunni, inclusi i portatori di handicap, di apprendere senza alcuna discriminazione e b) dei genitori di scegliere la scuola in cui educare i propri figli, come avviene in tutta Europa tranne la Grecia;

– favorirebbe la concorrenza fra le scuole, rendendo più efficiente il sistema educativo italiano;

– garantirebbe la libertà agli insegnanti delle scuole pubbliche italiane di scegliere se insegnare in una pubblica paritaria o in una pubblica statale, a parità di stipendio;

– lo Stato risparmierebbe notevolmente – dai 3 ai 7 miliardi di euro annui – sulla spesa del Servizio Nazionale di Istruzione.

Che il disastro continui pure tale e quale nel presente, come nel passato e per il corso del futuro anno scolastico, se non si userà l’intelligenza: “Verrà il giorno…”

Anna Monia Alfieri

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