Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi più volte in queste settimane ha fatto riferimento all’esigenza di rivedere i modelli didattici, anche in vista della riduzione degli alunni per classe.
“Come si insegna? L’unità classe non è il solo modo di insegnare – ha chiarito il ministro alla Camera, per riferire sull’avvio dell’anno scolastico – Basta corridoi con le classi chiuse. C’è una pedagogia vastissima che ci dice che dobbiamo uscire da questi schemi, non solo per le Stem ma anche per tutte le attività che abbiamo definito Campus. Noi spingeremo perché le innovazioni didattiche diventino patrimonio di tutti”.
In altre parole, la posizione del Ministro, sulle classi pollaio, come più volte riferito, è la seguente: sul 2,9% di esse (le classi sopra i 27 alunni) si agirà con i fondi e le assunzioni, ma per il resto si dovrà agire con la riforma della didattica, che significa ripensare spazi e tempi del fare scuola.
Quale sicurezza senza gruppi stabili?
Il punto è che lunedì 13 settembre tornano in classe 4 milioni di alunni, come ha riferito il nostro direttore Alessandro Giuliani, e lo fanno nelle stesse aule e alle stesse condizioni di sempre, peraltro con l’aggravante che il distanziamento quest’anno non è più una misura anti Covid vincolante.
Insomma, in pandemia (dato che lo siamo ancora), per quanto possano essere pedagogicamente e didatticamente efficaci i modelli di classi aperte, con scambio continuo di alunni, intreccio di competenze e trasversalità di discipline, tali modelli appaiono contrari al principio dei gruppi stabili (di alunni e di docenti) che resta uno tra i pochi strumenti a nostra disposizione per il contenimento del contagio.
Di questi argomenti abbiamo discusso nell’appuntamento della Tecnica della Scuola Live del 9 settembre, dedicato alle misure per il rientro a scuola in sicurezza, con Gabriella Chisari e Francesco Ficicchia.
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Nelle aule manca il distanziamento
La questione del distanziamento rappresenta una grande preoccupazione per i dirigenti scolastici.
“Mi preoccupa il distanziamento che non si potrà mantenere quest’anno – afferma la dirigente Chisari – perché le aule sono piccole rispetto al numero degli studenti. Speriamo quanto prima di riuscire ad avere un organico completo perché è fondamentale per l’organizzazione del lavoro, della didattica e degli spazi”.
Quali forme di flessibilità possibili?
Peraltro, ci ricorda la Dirigente Chisari, il Piano scuola sottolinea che “ci si può avvalere di forme di flessibilità dei gruppi classe (derivanti dall’autonomia scolastica), quale la riconfigurazione dei gruppi classe in gruppi diversi, l’articolazione modulare di gruppi provenienti da classi o da anni di corso diversi, la frequenza in turni differenziati, l’aggregazione delle discipline in ambiti disciplinari, ecc. Tuttavia – fa notare la dirigente – queste formule didattiche portano con sé varie criticità: comportebbero degli ulteriori spazi che a scuola non abbiamo; comporterebbero un’organizzazione oraria diversa del personale o altro personale; e men che mai vedrei queste formule in una logica di sicurezza, perché assemblare gruppi di ragazzi provenienti da classi diverse renderebbe difficile un eventuale tracciamento in caso di focolai”.