Estero

Inizio scuola in Israele, guerra e didattica a confronto: le problematiche in previsione di settembre

I vari avvenimenti in corso sul suolo israeliano, derivanti da tensioni di varia natura accumulatesi per oltre 75 anni, sembrano non vedere risoluzione alcuna. Da una parte complice un esecutivo le cui azioni sono altamente discutibili (i primi a manifestare sono proprio i cittadini israeliani) e dall’altra una superficiale latitanza delle organizzazioni internazionali circa i gravi effetti umanitari: la trasformazione della striscia di Gaza come un ammasso di detriti a mo’ di prigione, l’assenza di rifornimenti costanti alla popolazione civile palestinese, l’impatto sull’educazione, anche per i giovani israeliani.

A tal proposito, il Ministero dell’Istruzione locale ha fatto sapere che le chiusure nei distretti scolastici settentrionali dureranno sino ad ottobre prossimo, con effetti diretti sulla didattica e sulla programmazione dell’anno scolastico in tutto il periodo. Le tensioni militari presentano un non trascurabile impatto umanitario, ove l’educazione – e dunque il futuro dei giovani e giovanissimi – è appesa ad un filo. Anche le tensioni con il prossimo stato del Libano non agevolano la frequentazione: centinaia di villaggi prossimi al confine sono stati evacuati.

Settore nord a rischio

Il ministro dell’Istruzione Yoav Kisch martedì ha detto ai capi delle autorità locali che gli studenti delle comunità settentrionali evacuate a causa della guerra non potranno tornare a scuola nelle loro città natali a settembre e continueranno invece a frequentare le scuole altrove in Israele. Kisch ha scritto in una dichiarazione che ciò è dovuto alle “complessità della sicurezza e della stabilità territoriale” nella regione, che è stata soggetta a incessanti lanci di razzi e attacchi di droni da parte del gruppo Hezbollah dal Libano sin dal 7 ottobre scorso. 

Definendo “deplorevole ed assai grave” l’impossibilità di non iniziare l’anno scolastico nelle comunità settentrionali colpite, Kisch ha invitato il primo ministro Benjamin Netanyahu ad “agire ora, con forza, contro lo Stato del Libano”. “Non si può sfuggire alla decisione di intraprendere una guerra massiccia contro il Libano per riportare la pace e la stabilità agli abitanti del nord e per il futuro dello Stato di Israele”, ha detto. Dei 60.000 civili trasferiti dal nord di Israele all’inizio della guerra, 14.600 sono minori, sparsi negli asili e nelle scuole o in locali improvvisati in tutto l’interno del paese. I residenti evacuati non sanno ancora quando potranno tornare alle loro case.

Futuro o demagogia?

Durante l’incontro, tenutosi presso il Consiglio regionale di Asher, il presidente della Federazione degli enti locali, Haim Bibas, ha esposto a Kisch le preoccupazioni sulla programmazione del prossimo anno scolastico, di cui le autorità regionali avevano messo in guardia da diversi mesi, ha affermato la federazione in una nota. La federazione ha aggiunto che Kisch ha presentato un piano da 152 milioni di shekel per scuole alternative per gli studenti al di fuori delle aree colpite dalla guerra nel nord, in modo che possano frequentare le lezioni in un ambiente più familiare.

Non è chiaro se queste strutture saranno pronte entro l’inizio dell’anno scolastico, il 1° settembre. “Ho chiesto al ministro Kisch di aumentare il budget per gli istituti scolastici nel nord e di rimuovere gli ostacoli burocratici in modo da poter aprire l’anno scolastico nel modo più regolare possibile”, ha detto Bibas in una nota. 

Andrea Maggi

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