L’inizio scuola 2023 è letteralmente alle porte. Come ogni anno, nel periodo della fine dell’estate, esplodono puntuali polemiche relative al caro libri, ai compiti per le vacanze. Stavolta a criticare la scuola è un genitore, medico specializzato in psicoterapia, che ha scritto a Il Corriere della Sera.
“Il numero eccessivo di libri di testo, il peso degli zaini e i programmi sembrano fatti per creare ansia da prestazione a studenti e professori”, questi secondo il padre di due studenti sono i problemi che affliggono docenti e studenti e che impediscono loro un sereno svolgimento delle lezioni.
Ecco il racconto del genitore: “Sin da quando Mattia, il più grande, e Luca, più piccolo di due anni, hanno iniziato a frequentare le scuole elementari, non ho potuto evitare di osservare l’elevato numero di libri di testo e quaderni annessi, che abbiamo dovuto acquistare ogni anno. Tutti i genitori, compresi io e mia moglie, siamo stati costretti a farci carico del fardello o a sostituire lo zaino con un trolley. Da notare, inoltre, che molti dei suddetti libri arrivavano alla fine dell’anno quasi intonsi!”.
Nella lettera si sottolinea anche la “gran quantità” di compiti da svolgere a casa: “Io andavo a scuola con la mia bella cartella di cuoio dentro la quale trovavano posto due libri, due quaderni, un astuccio e il panino per la merenda. I compiti del pomeriggio non erano mai tanti e raramente così complicati da dover richiedere l’intervento dei genitori, perciò, una volta sbrigati, avevamo tempo per giocare con gli altri bambini. E giocando imparavamo le regole della convivenza e della ‘sopravvivenza'”.
E alle scuole medie? “Anche in questo caso alcuni testi arrivavano a fine anno quasi ‘nuovi’, come quelli da acquistare e leggere durante le vacanze estive. Pure io dovetti studiare a memoria su un libro la composizione di un fiore, per poi scoprire che anche ai miei figli è toccata la stessa sorte con la differenza che nel loro caso si sono aggiunte molte altre cose del genere: una pagina e mezza di libro che conteneva un lungo elenco di congiunzioni divise in gruppi di varie tipologie; la composizione dell’aratro; la preparazione del terreno alla semina, ecc.”, ha spiegato.
La testimonianza non risparmia neanche i consigli di classe, rei di offrire giudizi sommari e di “scaricare sulle spalle dei ragazzi tutte, ma proprio tutte, le responsabilità di un’istituzione che non funziona bene per come è articolata e per come viene proposta”.
Infine, un appello ai docenti: “Anche per voi deve essere dura insegnare in queste condizioni, oberati, oltretutto, da una serie di incombenze che con l’insegnamento non c’entrano nulla. Bisogna ripartire dai programmi che dovreste essere voi a redigere, anche attraverso l’ascolto degli studenti e dunque dai contenuti”. L’auspicio è di arrivare a una scuola “che sia un luogo accogliente per tutti e che non sia ridotta soltanto al voto e dunque a un giudizio”. Bisogna ricordare, in ogni caso, che i programmi non esistono più, sostituiti dalle Indicazioni Nazionali, sulla base delle quali i docenti sono chiamati a modellare i percorsi formativi sulla base delle necessità dell’allievo, anzi del singolo alunno.
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