A parte gli attuali screzi e scintille tra i rispettivi governi, non possono certo ignorarsi i profondi legami e le reciproche influenze che intercorrono tra cultura italiana e cultura francese.
E non solo per motivi di “vicinato”.
Tra rivoluzione francese, guerre napoleoniche, letteratura (ci dicono qualcosa Balzac, Moliere, Stendhal; Zola, Dumas, Verne, Hugo, Sartre?) poesia (Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Prevert), filosofia e diritto (Montesquieu, Voltaire, Rousseau), la cultura italiana è profondamente impregnata delle influenze d’oltralpe (e viceversa).
Negli ultimi anni però si è assistito ad un lento, ma inesorabile declino dell’appeal dell’insegnamento del francese, soggetto alla “concorrenza” di altre lingue comunitarie, quali spagnolo o tedesco.
Ne sanno qualcosa i docenti di francese, per i quali ottenere il trasferimento da fuori provincia rappresenta un vero e proprio miraggio.
Infatti, per il trasferimento interprovinciale non è sufficiente la disponibilità di una cattedra vacante, in quanto i movimenti da fuori provincia possono essere disposti solo su una percentuale delle cattedre vacanti.
Inoltre, negli ultimi anni molti docenti hanno rischiato e rischiano di perdere addirittura la titolarità, pur avendo una considerevole anzianità di servizio.
Questa situazione non poteva lasciare indifferente il Ministero, il quale – se non altro per problemi di bilancio- cerca da tempo di arginare l’emorragia di cattedre di francese.
L’introduzione di nuove lingue comunitarie all’interno dell’offerta formativa non può ignorare la presenza all’interno della scuola di insegnanti di ruolo di francese.
Diversamente, il Ministero si troverebbe costretto ad assumere nuovi insegnanti per l’altra lingua e nello stesso tempo a continuare a retribuire il docente di francese, pur privo delle classi o sezioni cui insegnava.
Non a caso, la questione ha trovato regolamentazione proprio nel decreto sugli organici.
In particolare, il D.P.R. n. 81/2009, all’art. 14, comma 2, stabilisce che “eventuali richieste di trasformazione delle cattedre della seconda lingua comunitaria possono essere accolte dagli Uffici scolastici regionali nel caso in cui la cattedra risulti priva di titolare, non vi siano nella provincia docenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in attesa di sede definitiva o in soprannumero e, comunque, non si determinino situazioni di soprannumero”.
Tale disposizione viene ribadita dal Ministero con le circolari che vengono annualmente diramate al fine di dare istruzioni in merito alla determinazione degli organici.
Con riferimento all’insegnamento della lingua straniera nella scuola secondaria di primo grado, il Ministero ricorda:
“L’offerta della seconda lingua comunitaria deve tener conto della presenza di docenti con contratto a tempo indeterminato nell’istituzione scolastica; eventuali richieste di trasformazione delle cattedre della seconda lingua comunitaria sono accolte dagli Uffici scolastici regionali qualora risultino prive di titolare, non comportino a regime la trasformazione della cattedre interna in cattedra esterna, non vi siano nella provincia docenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in attesa di sede definitiva o in soprannumero e, comunque, non si determinino situazioni di soprannumero”.
Pertanto, non è possibile l’introduzione di un’altra lingua nei seguenti casi:
a) se il docente di francese perde la cattedra;
b) se la cattedra di cui il docente è titolare si trasforma in Cattedra Orario Esterna (COE);
c) se la trasformazione della cattedra si verificherà “a regime” (ad esempio negli anni successivi, quando le prime classi di altra lingua diventeranno seconde e terze).
Nonostante la chiarezza delle disposizioni ministeriali, non sono rari i casi in cui i dirigenti scolastici cercano di bypassare la norma, nel tentativo di “accaparrarsi” più iscrizioni, proponendo – invece del francese- lingue più “di moda” o comunque più richieste dalle famiglie.
C’è da dire che a volte i Responsabili Territoriali cui compete la determinazione degli organici chiudono un occhio (se non tutti e due), assecondando le richieste delle scuole.
La mancata applicazione della normativa in materia di organico ha come prime vittime i docenti di lingua francese, costretti a completare l’orario di servizio in altre scuole, se non addirittura trasferiti d’ufficio in altra scuola o altro Comune.
Questa situazione non poteva non sfociare in un contenzioso, che vede generalmente accolte le ragioni dei docenti.
Si segnalano in proposito le pronunce dei Tribunali di Fermo, Latina, Lanciano e del Tar Calabria, che hanno dichiarato l’illegittimità dei provvedimenti dell’Amministrazione, accertando il diritto del docente di seconda lingua comunitaria di svolgere l’intero orario di cattedra presso la scuola di titolarità.
La deriva aziendalistica cui si assiste in questi ultimi anni (managerialità, efficienza, utilizzo discrezionale delle risorse umane da parte dei Dirigenti Scolastici) ha già prodotto effetti collaterali non desiderati.
Basti pensare a tutti i casi di studenti vittime di infortuni anche mortali, inviati senza alcuna formazione in tema di sicurezza e/o privi delle indispensabili misure di protezione antinfortunistica, nell’ambito dell’alternanza “scuola/lavoro”.
Tornando al caso dell’insegnamento del francese, è opportuno ricordare che la scuola non può confondersi con un supermercato, tenuto ad esaudire le richieste dei clienti, ma deve conservare il proprio ruolo di istituzione atta a dispensare cultura, competenze e sapere.
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