I dati europei di recente emessi da Eurostat e presentati in sede di Commissione lo scorso autunno non vertono solamente su particolari macro fenomeni relativi ad insegnanti e docenti circa la loro percezione di ruolo e potenzialità dello stesso in una società in evoluzione ma anche su dispersione scolastica, calendario, didattica, abilitazione e retribuzione per i docenti, integrazione ed innovazione per gli studenti. Le appendici del report fanno riferimento, tra le altre cose, all’internazionalizzazione dei curricula e della didattica più in generale, con riferimento alle lingue comunitarie apprese in classe ed il livello di comunicazione (ascolto, scritto ed orale) raggiunto dagli studenti, offrendo dunque un quadro (o istantanea) aggiornata circa gli idiomi più apprezzati ed utilizzati dai giovani, anche tra i banchi.
Il rapporto, attraverso questi dati ed appendici, conferma l’interesse e l’imprescindibilità dell’apprendimento di un’altra lingua straniera al fine di garantire un percorso non solo organico, ma anche in linea con le esigenze di un mercato del lavoro sempre più globale.
Circa l’84% degli studenti italiani, si evince da Eurydice, ha la possibilità di studiare almeno una lingua straniera tra l’inglese e il francese, mentre il 5%, grazie anche a corsi svolti privatamente, ha la possibilità di perfezionare uno dei due idiomi o aggiungerne uno alternativo che si desidera apprendere. In Italia, dal 2003, è presente la norma 53 che legifera circa l’obbligatorietà di apprendere almeno una lingua straniera, parte cruciale del percorso formativo anche nella scuola primaria, dove dal primo anno questo diviene obbligatorio.
In alcuni Paesi europei, invece, la lingua straniera si inizia a studiare tra gli 8-9 anni, mentre in Europa solo 3 Stati hanno anticipato lo studio prima delle scuole elementari, in percorsi pre-primari: la Polonia, il Belgio e Cipro. In Italia la lingua, vista anche l’obbligatorietà disposta per legge, è l’inglese, seguita, con caratterizzazione regionale, dal francese, con prossimo il tedesco con il 23%, poi spagnolo con il 13% ed infine russo, con il 3%. La percentuale di alunni che studiano l’inglese sale se si analizza la scuola secondaria, raggiungendo il 100% degli iscritti. Segue la lingua francese con il 67% e lo spagnolo con il 22%, sempre per la secondaria.
Per via della sua posizione centrale e mediana nel mar Mediterraneo, l’insegnamento della lingua inglese risulta il più funzionale in Italia, oltre che obbligatorio per legge. E’ primo ed obbligatorio anche in altri 14 paesi dell’Unione. Esigenze commerciali, comunicative professionali, che però escludono l’orientamento anche ad altri mondi e continenti, come quello asiatico, mediorientale ed indopacifico. A livello europeo, la nostra lingua è appresa a Malta, in Grecia, Croazia, Montenegro ed Albania dalle comunità italiane presenti.
L’inglese sta perdendo il primato come prima lingua appresa a livello europeo a favore di idiomi considerati secondari in passato. Secondo un’analisi che ha coinvolto le scuole europee, è emerso che il francese è la lingua più diffusa nel Sud dell’Europa, in particolare in Portogallo, Spagna, Romania e Italia; mentre il tedesco è studiato in Europa orientale e centrale, per evidenti ragioni economiche. L’italiano, infine, è la seconda lingua straniera più diffusa a Malta. In queste realtà la pressione anche didattica per particolari idiomi si evince anche per i flussi migratori che interessano le famiglie verso realtà vicine.
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