Nell’appuntamento di Tecnica della Scuola live in occasione dalla giornata internazionale della donna abbiamo parlato di sessismo tra i banchi di scuola con la blogger, scrittrice e professoressa Valentina Petri, autrice del volume “Portami il diario”.
“Il sessismo è presente anche tra i colleghi – avverte la professoressa – difficile estirpare il sessismo a scuola, come nel resto della società”.
“L’insegnamento stesso è considerato una professione femminile – dichiara -. C’è questa idea svilente che se l’uomo insegna (peraltro di sicuro non è maestro elementare – si tende a pensare – semmai professore universitario) è perché ha un’altra professione e quindi insegna per una sorta di ripiego o passatempo mentre fa l’avvocato o l’ingegnere; e al contempo c’è questa idea del ruolo accudente della donna insegnante: si sentono frasi come fai l’insegnante perché sei una donna, è un lavoro comodo, specie se hai figli… c’è ancora questa convinzione che lavori tre ore al mattino e poi puoi dedicarti ad altro”.
Un sessismo esercitato anche nei confronti degli alunni, fa notare la blogger: “E senti anche frasi come mettiti accanto a lei che è una bella ragazza, frasi che a quell’età sono come dei macigni… e poi c’è il commento sull’abbigliamento o sull’aspetto. Insomma, i macro episodi finiscono sul giornale, ma la quotidianità passa”.
“Il grado di civiltà di una scuola lo si vede il mese di giugno facendo un giro nei bagni e leggendo le scritte sui muri. Da lì si vede se abbiamo lavorato bene o male. Allora lì ci rendiamo conto del lavoro immenso che ancora c’è da fare. Io insegno in una scuola professionale – racconta Valentina Petri – il che significa classi interamente maschili o interamente femminili, dove i maschi fanno i meccanici, le donne le sarte, per una questione di stereotipi su cui lavoriamo moltissimo, eppure rompere questo stereotipo è estremamente difficile anche con le famiglie”.
E ci riferisce episodi di ordinaria quotidianità scolastica: “Per le ragazze attraversare il corridoio dei meccanici è difficile. Il cat calling è di casa lì, magari le ragazze non sanno come si chiami ma noi docenti dobbiamo stare attenti a tutte queste dinamiche, a volte facciamo più educazione civica durante quei momenti nei corridoi che in classe stessa”.
E torna sull’argomento della frase sessista Stai sulla Salaria?. “L’insulto, come sempre avviene quando si vuole svilire una donna, si riferiva a un comportamento sessuale, l’essere accomunata a una prostituta. Forse le cose da stigmatizzare erano altre,” afferma in riferimento ai pericoli del cyber bullismo, del revenge porn e del postare video sui social.
E conclude: “L’ammonimento nei confronti dell’abbigliamento deve esserci, anche perché è un insegnamento che servirà agli studenti anche nel mondo del lavoro, ma si tratta di qualcosa che deve passare dal rapporto di autorevolezza e di fiducia con l’adulto, non da una frase sessista o da un insulto”.
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