Il tema dell’insegnamento della religione cattolica è sempre attuale e sempre oggetto di dibattito. Mentre si scaldano i motori per il primo concorso per docenti di religione cattolica dopo vent’anni a parlare ai microfoni di Fanpage.it il segretario nazionale dell’Unione Atei Agnostici Razionalisti (UAAR) Roberto Grendene, che è stato molto critico.
“Ruscica spaccia l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole come se fosse un’attività culturale, ma commette diversi errori. Si tratta, infatti, di un insegnamento dottrinale e non culturale, in quanto la legge dice che è un insegnamento ‘impartito in conformità con la dottrina della Chiesa’, con insegnanti scelti a totale discrezione del vescovo competente, ma pagati dallo Stato. I docenti sono scelti con un metodo clientelare, visto che è concesso ad un alto prelato chi può accedere ad un posto statale e chi no”.
Grendene ha criticato le parole del segretario dello Snadir: “Non è vero, come invece dice Ruscica, che il fenomeno del calo sia dovuto all’immigrazione di stranieri non cattolici. Altrimenti non si spiegherebbe come è possibile che gli studenti che rifiutano l’ora di religione nei licei, dove l’incidenza di stranieri è più bassa, sono il 18% del totale, dato che arriva al 45% a Bologna. Un altro dato su cui soffermarsi è che, su questo tema, l’Italia è divisa in due: non scelgono l’ora di religione il 25% delle famiglie del Nord contro il 4% del Sud e c’è anche un forte scostamento tra città e provincia: è evidente che, sulla decisione di frequentare l’ora di religione ci sia un forte condizionamento sociale”.
Ecco la sua opinione: “L’insegnamento della religione cattolica a scuola andrebbe abolito. Crediamo che il fenomeno religioso debba essere affrontato, nella scuola pubblica, al pari dell’ateismo e dell’agnosticismo, cioè in modo traversale all’interno dell’insegnamento delle altre materie e in modo critico. Nessuno si sognerebbe di affidare lo studio dei movimenti politici a docenti scelti dal partito di maggioranza, invece succede una cosa simile con l’insegnamento della religione. La scuola pubblica, però, non dovrebbe consentire un insegnamento dottrinale. L’ora di religione dovrebbe essere collocata al di fuori dell’orario scolastico. È chiaro che, per chi si trova già a scuola, è difficile non scegliere l’ora di religione in favore di altro”.
E, sul concorso docenti di religione cattolica: “Il concorso è una farsa. Si presenta una letterina a firma del vescovo, il quale attesta i requisiti del docente che sono validi per la Chiesa, ad esempio che l’insegnante non sia unito civilmente o favorevole all’aborto, e si può accedere alle prove. È incredibile che, in Italia, chi nella vita privata assume scelta contraria alla morale cattolica non possa accedere ad un posto pubblico sulla base della decisione di un’autorità esterna. Il concorso è un ulteriore tassello di deriva clericale che è iniziato con governi di altro colore: stiamo assumendo a tempo indeterminato insegnanti raccomandati dal vescovo al posto di precari di altre materie che non hanno la fortuna di avere amicizie in diocesi”.
Ruscica, sempre a Fanpage.it, aveva detto: “L’UAAR dovrebbe passare da una visione ottocentesca dell’insegnamento della religione ad una visione più progressista: l’insegnamento del fenomeno religioso è importante nella società e devono rendersene conto. Piuttosto, li inviterei ad impegnarsi di più affinché in Italia ci sia una alternativa valida all’insegnamento della religione, che non è catechismo, lo ricordo sempre. Gli studenti che non scelgono la religione cattolica sono impegnati in attività estemporanee o escono da scuola. Questo non è corretto nei loro confronti”.
Il Ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha firmato ieri il decreto che disciplina le procedure concorsuali straordinarie riservate agli insegnanti di religione cattolica nella scuola dell’infanzia e della primaria e nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
Il provvedimento, attuativo delle recenti novità introdotte dalla legge di conversione del decreto-legge n. 75 dello scorso 22 giugno, recependo i requisiti stabiliti dalla legge, ammette a partecipare i candidati in possesso, congiuntamente, della certificazione di idoneità diocesana e con almeno trentasei mesi di servizio, anche non consecutivi, nell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali, oltre che dei titoli di qualificazione professionale previsti dall’Intesa con la CEI. I candidati dovranno possedere altresì i requisiti generali per l’accesso all’impiego nelle pubbliche amministrazioni.
A queste procedure sarà destinato il settanta per cento dei posti vacanti e disponibili per il triennio scolastico 2022/25 e per gli anni successivi fino al totale esaurimento di ciascuna graduatoria di merito.
Dopo vent’anni dall’ultimo concorso, si avvia così una fase di reclutamento a tempo indeterminato per l’insegnamento della religione cattolica che, nel portare a soluzione una situazione critica che interessa migliaia di persone, assicurerà stabilità e continuità didattica. Lo ha comunicato sabato 20 gennaio il ministero dell’Istruzione e del Merito.
La media nazionale di diniego allo svolgimento della religione cattolica (che non è catechesi, ha sottolineato più volte lo Snadir) si aggira sul 15 per cento (cresce di anno in anno, basti pensare che nel 2010 stava sotto il 10 per cento), un dato per i vescovi preoccupante poichè corrisponde ad oltre un milione di allievi che quando c’è religione escono dall’aula.
Il record per la scuola secondaria, soprattutto dei licei artistici dove quasi 3 studenti su 10 dicono ‘no’, appartiene a Torre Pellice, in provincia di Torino, dove si arriva a sfiorare il 90 per cento di studenti che non si avvalgono delle lezioni di religione e svolgono un’ora a settimana su contenuti di materie “alternative”.
A ben vedere, quello di Torre Pellice è un dato che si giustifica per la nota presenza in quella zona piemontese di minoranze di altre etnie o di altre religioni nel territorio, ma soprattutto della sede storica della comunità valdese. Poi va anche detto che al Nord l’alta presenza di cittadini immigrati contribuisce a tutto questo: non a caso, in Lombardia più di un alunno su cinque si avvale della possibilità di non seguire la disciplina.
Ma il disinteresse per la religione si riscontra pure in territori di Centro-Sud. Una località, in particolare: si tratta di Comiso, nel Ragusano, dove molti dei 30 mila abitanti credono in Maometto e non in Dio. La dirigente scolastica ha fatto chiarezza, qualche giorno fa, sui dati.
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