Stanno suscitano non poche perplessità le dichiarazioni del ministro Fioramonti sulla questione dell’insegnamento della storia.
“La storia – sottolinea il Ministro – non può essere solo una sequela di date di battaglie da mandare a memoria, ma il racconto di un’evoluzione umana in ambiti che ancora ci riguardano”.
“A partire dal 2022 – aggiunge il Ministro – conto di consegnare alla scuola italiana una nuova periodizzazione e una nuova modalità di studio della storia. Il mio obiettivo è ottenere una periodizzazione diversa che consenta agli insegnanti dell’ultimo anno di dedicare le lezioni di storia all’intero Novecento: non solo le due guerre mondiali con fascismo, comunismo e nazismo, ma anche il periodo che resta sempre nell’ombra ossia il secondo dopoguerra, il processo di industrializzazione, il boom economico, la globalizzazione”.
Può essere utile confrontare le dichiarazioni del Ministro con il testo delle Indicazioni Nazionali per i licei.
“Al termine del percorso liceale lo studente conosce i principali eventi e le trasformazioni di lungo periodo della storia dell’Europa e dell’Italia, dall’antichità ai giorni nostri, nel quadro della storia globale del mondo; usa in maniera appropriata il lessico e le categorie interpretative proprie della disciplina; sa leggere e valutare le diverse fonti; guarda alla storia come a una dimensione significativa per comprendere, attraverso la discussione critica e il confronto fra una varietà di prospettive e interpretazioni, le radici del presente”.
In nessun punto del capitolo c’è scritto che la storia sia una semplice sequenza di battaglie o di incoronazioni di re e imperatori.
“L’ultimo anno – si legge sempre nelle Indicazioni – è dedicato allo studio dell’epoca contemporanea, dall’analisi delle premesse della I guerra mondiale fino ai giorni nostri. Nella costruzione dei percorsi didattici non potranno essere tralasciati i seguenti nuclei tematici: l’inizio della società di massa in Occidente; l’età giolittiana; la prima guerra mondiale; la rivoluzione russa e l’URSS da Lenin a Stalin; la crisi del dopoguerra; il fascismo; la crisi del ’29 e le sue conseguenze negli Stati Uniti e nel mondo; il nazismo; la shoah e gli altri genocidi del XX secolo; la seconda guerra mondiale; l’Italia dal Fascismo alla Resistenza e le tappe di costruzione della democrazia repubblicana”.
Non solo, ma si sottolinea anche che, studiando la storia dell’Italia del secondo Novecento, si devono affrontare tra l’altro: la ricostruzione del dopoguerra, il boom economico, le riforme degli anni Sessanta e Settanta, il terrorismo, Tangentopoli e la crisi del sistema politico all’inizio degli anni 90.
E, sempre a proposito a proposito del secondo Novecento, le Indicazioni segnalano la necessità di affrontare anche questi temi: l’ONU, la questione tedesca, i due blocchi, l’età di Kruscev e Kennedy, il crollo del sistema sovietico, il processo di formazione dell’Unione Europea, i processi di globalizzazione, la rivoluzione informatica e le nuove conflittualità del mondo globale.
Insomma, esattamente ciò che auspica Fioramonti e persino qualcosa di più.
Se poi il Ministro vuole dire che queste indicazioni non vengono sempre rispettate, può anche darsi che abbia qualche ragione. Ma allora, per diffondere la pratica dell’insegnamento della storia del 900, non c’è nessun bisogno di riscrivere le Indicazioni. Probabilmente servirebbe molto di più rivedere i quadri orario e magari aumentare le risorse per migliorare le dotazioni librarie e multimediali.
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