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Insegnante di sostegno: verso l’eliminazione di questa figura nella scuola?

In riferimento all’articolo da voi pubblicato circa l’intervento di Raffaele Iosa al convegno sui temi dell’inclusione promosso da una nota casa editrice, dal titolo “Bisogna andare oltre l’insegnante di sostegno” osservo con amarezza come si stia procedendo a grandi passi verso l’eliminazione di questa figura dal nostro ordinamento scolastico.

Le motivazioni alla base di tale “rivoluzione” sarebbero quelle di migliorare il modello inclusivo, “anche per evitare la distorsione dell’utilizzo del sostegno non come inclusivo ma come “isolativo” (sic…) fino a correre il rischio di una riproposizione, in forma diversa, di scuole speciali o para speciali che prendono vita negli stessi spazi scolastici in aule più o meno dedicate riservate agli alunni con disabilità e al personale che, anche se non dovrebbe, si occupa solo di loro”.

Resto allibito. Non posso fare a meno di chiedermi se il relatore abbia una pur minima conoscenza della realtà delle nostre scuole, perché se le frequentasse vedrebbe che l’insegnante di sostegno è una figura impegnata a 360 gradi, oltre che sugli alunni disabili, su una quantità sempre crescente di alunni BES afflitti dalle più varie problematiche, di alunni di etnia straniera, molti dei quali da poco arrivati nel nostro paese e di una percentuale notevole di alunni che, pur senza rientrare nelle casistiche precedenti, presentano ritardi di apprendimento più o meno accentuati.

A fronte di tutto questo io credo che bisognerebbe procedere esattamente nella direzione opposta, e cioè inserire un insegnante di sostegno in ogni classe, come garante dell’inclusione. E’ del tutto evidente come ormai un singolo insegnante di materia, oberato da mille incombenze burocratiche, si trovi in sempre maggiori difficoltà nel perseguire il raggiungimento degli obiettivi previsti dalle indicazioni ministeriali. 

O vogliamo abolire anche quelli?   A meno che non si pensi di risolvere tutto con i corsetti di 25 ore previsti dal recente decreto, che dovrebbero magicamente equipararsi alle migliaia di ore (e di euro…) trascorse tra studio e formazione sul campo da un insegnante specializzato. La verità, come sempre ammantata d’ipocrisia, è che per ragioni di bilancio si sta percorrendo una strada molto pericolosa verso l’eliminazione non solo degli insegnanti di sostegno, ma tout court dei diritti dei soggetti svantaggiati. E tutto questo nel sacro nome dell’inclusione. A quando la soluzione finale?

Vincenzo D’Alfonso

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