I lettori ci scrivono

Insegnanti con le scarpe di cartone

Sono una insegnante di una scuola superiore della provincia di Lucca, come molti frastornata e preoccupata dalla situazione che stiamo vivendo, ma anche avvezza ormai, dopo tanti anni di servizio, alle incongruenze e alle giravolte che caratterizzano da tempo immemorabile il mondo scolastico: eppure stamani sono rimasta davvero sconcertata.

Avevo già appreso che, in seguito ad alcuni casi di positività tra gli studenti, la Asl locale aveva predisposto la quarantena per due classi nelle quali non insegno: quando stamani sono arrivata al lavoro, mi aspettavo perciò di non trovare i docenti delle classi coinvolte.

Con mia grande sorpresa, invece, non è stato così: i colleghi mi hanno riferito che la Asl non ha ritenuto di metterli in quarantena né di sottoporli a tampone, limitandosi a chiedere una dichiarazione scritta nella quale l’insegnante affermava di aver sempre seguito le prescrizioni anti Covid.

Apprendo dunque che le misure adottate (mascherine, disinfezione delle mani e via dicendo) creano una barriera impenetrabile al virus, sicura al cento per cento, tanto che non c’è nemmeno bisogno di controllare: gli insegnanti che sono stati per una o più ore nella stessa stanza con un positivo possono andare senza problemi nelle altre classi, in famiglia, a trovare magari anziani genitori…

Penso a questo mentre entro nella mia classe di 26 studenti, distanziati un metro risicato da bocca a bocca tra loro e due metri altrettanto risicati da me.
Ci penso osservando il banco di un ragazzo accostato alla lavagna per ottenere il distanziamento, e la mia sedia stipata tra la LIM e la cattedra.
Ci penso mentre una ragazza tossisce, una starnutisce, la prima tossisce di nuovo.
Ci penso guardando il soffitto basso e la porta che occorre tenere chiusa perché copre la visuale agli studenti.
Ci penso e mi ripeto che la scuola è un ambiente sicuro, che non ci sono rischi, nemmeno per una insegnante ultracinquantenne.
Ci penso, e per qualche strana associazione mi vengono in mente le scarpe di cartone dei soldati italiani in Russia, che forse proprio di cartone non erano, ma non so se avrei voluto affrontarci l’inverno russo, e comunque tanti soldati sono morti lo stesso…

Lettera firmata

I lettori ci scrivono

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