Il sostegno? Un problema enorme e che si ingigantisce se non si pongono subito i rimedi adeguati e su due fronti: insegnati specializzati e infrastrutture.
Infatti, riporta Linkiesta, secondo gli ultimi dati Istat, appena il 32% delle scuole è attrezzata (con passerelle, ascensori eccetera) per consentire agli studenti di muoversi tra le aule, i quali spesso finiscono per ritrovarsi a dover essere sollevati di peso dagli educatori.
Ma non solo, nonostante gli studenti disabili abbiano toccato quota 300mila, l’organico di diritto è rimasto fermo a 100mila unità circa, e contestualmente è lievitato il numero di posti in organico di fatto, passati in soli quattro anni, tra il 2014 e il 2018, da 28 a 65mila unità.
Come conseguenza, se il precariato a scuola caratterizza statisticamente il 20% dell’organico complessivo, sul sostegno si arriva a toccare quote del 40%.
Secondo il sindacato Snals, interpellato da Linkiesta, «il problema principale del sostegno risiede nel fatto che non vengono organizzati sufficienti Tfa, ovvero i corsi abilitanti, e che il numero di posti è scarsissimo rispetto alla richiesta». Per diventare insegnante di sostegno, a seconda del grado di scolarità, occorre possedere, per la primaria, o una laurea in Scienze della formazione primaria, o un diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002. Per le scuole medie e superiori, invece, serve una laurea magistrale idonea all’accesso ad una classe di concorso, con l’aggiunta di 24 crediti formativi in materie socio-psico-pedagogiche, oppure un’abilitazione all’insegnamento. Per specializzarsi sul sostegno, poi, c’è bisogno di iscriversi a corsi universitari specifici (Tfa), che poi danno accesso ad un anno di tirocinio (da supplenti), al termine del quale si viene assunti di ruolo.
Tuttavia il ministero concede pochi numeri e la selezione è fatta in malo modo. E dire che quelli che si sono iscritti hanno pagato 100-200 euro solo per partecipare alla selezione, con il corso in università che costa tra i tra i 2500 e i 3000 euro.
E così le scuole, non avendo disponibilità di docenti, si ritrovano a dover raschiare il fondo del barile di coloro che provengono dalle cosiddette “Mad”, le messe a disposizione delle scuole, di neolaureati o laureandi, i quali spesso non hanno nemmeno la qualifica del docente di scuola primaria, e quindi tantomeno l’abilitazione per il sostegno.
La soluzione sarebbe quella di ripartire dalle selezioni dando ai docenti la possibilità di fare i corsi di abilitazione annualmente, ma i bandi che dovevano uscire nel 2018, non si sa se usciranno nemmeno nel 2020.
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