“In una società che privilegia il momento tecnico piuttosto che letterario, in cui il valore è legato al soldo, i professori non possono motivare gli studenti allo studio perché loro stessi non sono motivati, ma è ancora più spaventoso che un professore venga contestato dai familiari: per rilanciare la scuola bisogna recuperare l’autorità autorevole del docente, che deriva dalla competenza e dalla capacità di motivare gli studenti. La sua la lezione deve diventare conversazione: la verità si conquista e si vive insieme, guardando sempre negli occhi gli alunni. L’obiettivo, quindi, è recuperare il senso del rigore, finalizzato alla comunità scolastica dove si stimola in continuazione la partecipazione attiva degli studenti. Il rigore vale anche per gli insegnanti? Certamente, la selezione riguarda la competenza specifica nella materia, con un percorso di formazione continua per mantenere alta la qualità dell’insegnamento, ma nello stesso tempo anche la qualità umana verso gli altri, perché non tutti hanno l’attitudine a stare dietro la cattedra”. La visione della scuola moderna e dei mali da superare per migliorare l’Istruzione in Italia è di Franco Ferrarotti, filosofo e tra i padri fondatori della sociologia italiana. Il professore, 98 anni compiuti lo scorso 7 aprile, ha insegnato per oltre mezzo secolo: La Tecnica della Scuola è andato a trovarlo nel suo studio romano, un vero “regno” di cultura, libri e appunti, rigorosamente scritti a penna, dove Ferrarotti svolge con l’entusiasmo e la grinta del ventenne la sua attività di intellettuale.
Quando si insegna, ci dice nel corso della video-intervista, “è importante guardare gli alunni negli occhi, e riprendere chi è distratto”. Quindi, si sofferma sull’importanza del coinvolgimento degli studenti: “La lezione non deve mai essere dogmatica, dalla cattedra, ma una conversazione di gruppo. Il docente deve evitare la malattia professionale dell’infallibilismo, deve tornare a Socrate: sapere di non sapere nulla, attaccare ‘bottone’ con chi capita, anche con il carpentiere, il sacerdote. Perché si arriva alla verità solo come impresa collettiva comunitaria. Chi monopolizza la verità l’ha già perduta”.
Il professore si schiera anche contro la tendenza degli ultimi anni di bocciare pochissimo: “È orrendo, perché non si comunica la consapevolezza che lo studio è passione, emozione, emotività. Negando questo, si fa largo la violenza, che è un desiderio di visibilità: un segnale di presenza, un abbraccio mal calcolato”.
Quindi, ricorda che “l’identità non è un dato fisso: stare in classe è sempre una polifonica conversazione”. E non tirerebbe mai fuori dalle classi gli alunni stranieri che non conoscono l’italiano, nemmeno per un breve periodo per dare modo loro di acquisire le basi della nostra lingua, perché, sostiene, anche in classe “la molteplicità delle culture è positiva, la cittadinanza planetaria è il futuro del mondo”.
Secondo Ferrarotti, “l’isolamento degli studenti stranieri non è la soluzione. Al contrario, è essenziale promuovere un’aggregazione basata sulla parità, creando un dialogo interculturale che arricchisca tutti i partecipanti”.
Il discorso si è spostato sui giovani d’oggi che non leggono più e sul fatto che mai come oggi abbiamo una bassa lettura dei quotidiani. “La logica della lettura – osserva Ferrarotti- ha bisogno di silenzio e concentrazione. Invece, la logica dell’audiovisivo”, del rincorrere i fatti in tempo reale, “ci porterà un popolo di frenetici, isolati e idioti. Inoltre, “la tecnologia, con la sua logica audiovisiva, ha ulteriormente accentuato la mancanza di concentrazione e il bisogno di visibilità immediata, contribuendo a comportamenti violenti”.
Più volte il discorso è tornato sulla scuola: anche attraverso “un maggiore trattamento economico-finanziario dei docenti, deve recuperare la grande distinzione tra autorità autoritaria e autorità autorevole: bisogna dare ai professori, ai docenti e anche alle maestre dell’asilo e nido, l’autorità autorevole. Autorità deriva da Eugene, in latino significa crescere, svilupparsi, aumentare. Anche il sindacato deve cogliere l’atteggiamento partecipativo: bisogna rendersi conto della realtà tecnica, ma anche umana dell’azienda. È infatti necessaria una nuova concezione dell’azienda come compagine partecipata, dove ogni ruolo contribuisce alla responsabilità collettiva”.
Quindi, fa il confronto con il passato, tornando a quando “la scuola italiana era autoritaria: bisogna fare comprendere che lo studio concentrato non è un video-giochi, non è un passatempo”.
Quindi ricorda che “la famiglia moderna, inserita in una società pan-lavorista dove entrambi i genitori devono lavorare, ha perso la sua capacità di essere un’unità autonoma e indipendente. Questo ha portato a una diminuzione del supporto familiare per l’educazione, lasciando i giovani sempre più soli e privi di una guida solida”.
Il sociologo commenta anche l’aumento di casi di violenza a scuola: “Studenti e genitori intervengono spesso in modo aggressivo contro gli insegnanti. Questo comportamento riflette una società dove la violenza è diventata un mezzo per esprimere frustrazioni e insoddisfazioni profonde”.
Inoltre, come è un errore che “i padri siano più amici che padri, perché così perdono autorevolezza”, allo stesso modo “la scuola avanzata non è quella permissiva, in cui tutto va e non si fanno più esami, dove gli studenti devono valutare i professori”.
Non tutti possono fare il docente, prosegue Ferrarotti, “perché ci sono persone negate per l’insegnamento, come ci sono camerieri che dovrebbero fare i netturbini. La docenza non ha nulla a che vedere con il nozionismo. La sfida è come fare valere gli strumenti sociali”.
“Io – hao concluso il sociologo – ho insegnato 55 anni, sono sempre stato professore. Ancora oggi leggo e scrivo in continuazione. Perchè il docente è colui che porta idee, se ne ha”.
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