Personale

Insegnanti religione cattolica: concorso ordinario con posti riservati ai precari

Uno degli emendamenti più importanti accolti dalle Commissioni Cultura e Lavoro riguarda la questione dei docenti precari di religione cattolica. Ne parliamo con l’onorevole Gabriele Toccafondi di Italia Viva che si è adoperato per introdurre nel decreto scuola le misure necessarie per affrontare il problema.

Gli emendamenti suo e quello identico del PD, approvati dalle Commissioni, prevedono una riserva di posti nel concorso ordinario anziché un concorso riservato. Perché questa scelta?

Mi consenta un passo indietro per chiarire i termini della questione. L’ultimo concorso per gli insegnanti di Religione Cattolica è stato fatto 15 anni fa. Questo ha portato ad una situazione intollerabile per tutti, ma soprattutto per i docenti costretti ad un precariato in alcuni casi più che decennale. I sindacati stimano che le cattedre coperte con personale di ruolo siano circa 11.000 a fronte di un organico di oltre 24.000. Per dare un termine di paragone, una condizione di questo tipo non si verifica per nessuna classe di concorso disciplinare, nemmeno per quelle scientifiche per le quali c’è maggiore carenza di personale. Lo ripeto, la situazione è intollerabile e va risolta con il concorso.

E perché il concorso ordinario e non straordinario?

Mi consenta una battuta: non le sembra già abbastanza straordinaria una situazione dove si fa un concorso ogni quindici anni? Noi comunque non eravamo contrari al concorso straordinario e ci riproveremo in Aula e se occorre anche al Senato. Anche qui però distinguiamo: se la preoccupazione dei docenti è per la tipologia di prova, su questo presenteremo emendamenti in Aula perché sia analoga a quella dello straordinario previsto per le terze fasce.
Se invece ad allarmare è la percentuale del 35%, siamo pronti ad intervenire con emendamenti per tentare di alzarla. È un tentativo perché c’è anche chi pensa che non ci debbano proprio essere quote riservate. Per essere ancora più chiari, quanto scritto nell’emendamento è una percentuale raggiunta con una mediazione perché c’era chi non voleva percentuali dei posti. Inoltre va ricordato che quella percentuale non potrà mai essere superiore al 50%; lo dice la Corte Costituzionale, non Gabriele Toccafondi.
Non a caso il Decreto in esame prevede esplicitamente che al concorso straordinario non possano in nessun caso essere destinati più posti che al concorso ordinario.

Ma alcuni temono comunque di non passare il concorso e di restare tagliati fuori.

Se le modifiche che le ho riassunto prima passeranno non ci sarà nessuna differenza sostanziale tra due concorsi (uno ordinario e uno straordinario), ciascuno per metà dei posti disponibili, o un solo concorso con metà dei posti riservata a chi ha anni di servizio alle spalle. Non innamoriamoci del nome “concorso straordinario” e guardiamo alla sostanza, con pragmatismo e senso di responsabilità.

E come mai non avete inserito queste modifiche in Commissione?

Perché avremmo rischiato di non far passare l’emendamento. Tutto sarebbe rimasto come è adesso e come è da quindici anni: precariato e basta. Per noi era fondamentale portare a casa un risultato storico, realizzando finalmente il concorso. È solo un primo passo? Sì, ma anche i sindacati non possono negare che un obiettivo, seppur minimo, è stato raggiunto: una drastica riduzione del precariato in questo settore, la stabilità di un contratto a tempo indeterminato per migliaia di docenti.

Eppure alcuni sembrano proprio dire, piuttosto che un concorso “meglio precari”…

Non posso credere che pensino questo. Io penso che sia meglio un percorso e quindi un concorso. Il concorso è fondamentale per accedere ai ruoli e dare stabilità a questi docenti. Ovviamente dobbiamo tenere conto della specificità di una categoria che insegna in molti casi da 15 anni o più e tarare il concorso su queste specificità, ma se ci chiedono una sanatoria non è a questa porta che devono bussare. Altro è chiedere che l’anzianità di servizio venga considerata adeguatamente nei titoli, ma questo è uno dei tanti aspetti che dovrà regolare il bando che predisporrà il MIUR. L’emendamento è una cornice ma come si riempie ciò che sta dentro saranno i sindacati e il MIUR a stabilirlo. Come si fa nel 2019 a dire che è meglio non avere niente?

SNADIR obietta anche che la quota del 70% per i posti di ruolo è un ostacolo. Secondo lei le obiezioni del sindacato sono giuste?

Su questo specifico punto hanno ragione, soprattutto in alcune regioni, dove quel tetto è quasi raggiunto. Ma anche su questo punto il nostro emendamento può essere uno strumento utile perché consentirà a tutti i soggetti coinvolti (la CEI, il MIUR e i rappresentanti dei lavoratori) di confrontarsi con una realtà che è oggettivamente molto diversa da quella del 2003, quando quella soglia fu inserita nella Legge 186. Confido quindi che nel periodo che seguirà all’approvazione della norma, fino alla predisposizione del bando, anche quell’ostacolo possa essere almeno in parte superato. Lo ripeto: i problemi complessi e incancreniti si risolvono un passo alla volta.

Un’ultima domanda. Viste le reazioni, si è pentito dell’emendamento?

Assolutamente no. Per me l’insegnante di religione è stato un punto di riferimento e sono convinto che lo stesso valga anche per i ragazzi che oggi si avvalgono di questo insegnamento e che hanno bisogno di riferimenti educativi alti e di valori forti e puliti. Se crediamo in una figura così allora la strada è un percorso chiaro. Il mio appello è a lavorare insieme per trovare soluzioni e migliorare la strada intrapresa, non per tornare indietro.

Reginaldo Palermo

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