Sparsi per il mondo vi sono oltre cento istituti scolastici italiani: docenti, personale Ata e dirigenti scolastici in servizio in Italia possono spostarsi in queste scuole all’estero. Quali titoli linguistici servono per tentare questa ‘avventura’ professionale? È difficile superare le selezioni? È vero che gli stipendi sono alti, ma occorre avere svolto un minimo di anni di servizio? Possono candidarsi anche i precari? La Tecnica della Scuola ha posto queste domande ad Angelo Luongo, responsabile del dipartimento Uil Scuola Esteri.
Luongo, oggi quante scuole all’estero abbiamo?
Le scuole italiane all’estero sono sei, poi vi sono oltre un centinaio di scuole paritarie. Ci sarebbe anche quella di Asmara, in Eritrea, solo che al momento rimane chiusa: ci auguriamo che possa riaprire al più presto. Una parte delle scuole sono paritarie, collocate dove abbiamo grandi comunità di italiani che si sono formati nel corso dei secoli, a seguito di flussi migratori, soprattutto per lavoro: queste persone necessitano di una attenzione politica e il supporto alle famiglie e ai figli, per questo sono state realizzate le scuole.
Quanti sono i posti da coprire fuori l’Italia?
Tra personale docente, Ata e dirigenti scolastici, l’attuale norma purtroppo prevede al massimo 674 lavoratori. C’è però anche un contingente ulteriore nelle scuole europee: complessivamente si arriva a 800 unità di personale scolastico di ruolo.
Quali requisiti servono ad un dipendente per chiedere di spostarsi in una scuola all’estero?
Bisogna avere svolto almeno quattro anni di servizio di servizio effettivo, conoscere una o più lingue straniere (inglese, francese, tedesco e spagnolo) con il possesso di titoli linguistici di livello almeno B2. Successivamente, si partecipa ad un concorso per titoli ed esami, con prova orale: si tratta di un bando di concorso indetto dal ministero degli Affari Esteri. Chi lo supera entra in una graduatoria che nel corso del tempo viene utilizzata per coprire i posti che anno per anno il personale all’estero libera perché rientra in Italia.
Quanto dura al massimo l’esperienza all’estero?
Il mandato all’estero è di sei anni scolastici, a decorrere dal momento in cui si viene nominati: si può rientrare in maniera volontaria durante tutto il periodo, quando si vuole. Le graduatorie sono previste per ogni classe di concorso prevista per queste scuole, anche per i lettorati: sono presenti quattro graduatorie per ognuna delle quattro lingue. Si viene destinati ad una sede estera che appartiene alla propria specifica area linguistica indicata nel bando di corso. Possono presentare domanda anche i maestri della scuola dell’infanzia e primaria.
Chi non può fare domanda?
Non possono presentare domanda i dipendenti della scuola non di ruolo: al momento, i precari possono soltanto avere dei rapporti di lavoro di natura privatistica.
Chi vince il concorso viene poi sicuramente convocato per partire?
No, è possibile che i posti siano pochi e che il docente collocato in graduatoria non venga convocato.
Chi ha maggiori probabilità di essere chiamato in una sede all’estero?
Il maggior numero di posti è collocato nella primaria e secondaria di secondo grado: perché per queste categorie è possibile oltre all’insegnamento nelle scuole svolgere anche attività di lingua e cultura italiana. Parliamo di docenti di Lettere, ma anche di Lingue con almeno due esami svolti di italiano svolto nel proprio percorso di studi universitari: sono corsi presenti soprattutto in Europa, in particolare nell’area francese e tedesca.
Sono previsti concorsi a breve?
Sì. Siamo in attesa, probabilmente tra gennaio e febbraio, di un ulteriore concorso, specifico per la scuola primaria e proprio per l’area linguistica francese e tedesca: quindi, tutti i colleghi in possesso di un titolo almeno B2 riconosciuto nel quadro europeo, possono ambire a tale obiettivo che porterà all’estero dal primo settembre dell’anno prossimo. I concorsi riguardano graduatorie esaurite: i posti attualmente sono ancora vacanti.
Dove si potrà andare?
Per l’area francese parliamo di Belgio e Francia; per l’area tedesca parliamo di Svizzera e Germania. Per questo motivo il ministero degli Esteri svolgerà nuove selezioni: dal 2019 ad oggi sono stati fatti già tre concorsi e quello del 2023 sarà il quarto.
Concorsi per le superiori sono previsti?
Per altre categorie, come l’insegnamento di Matematica e Fisica alle superiori, i tempi sono più lunghi. Anche per le lingue straniere c’è un elemento di oggettiva difficoltà, perché nelle realtà scolastiche non sono utilizzati docenti italiani di ruolo ma al loro posto si preferiscono insegnanti assunti localmente.
Quindi un docente di lingue non ha molte chance di lavorare all’estero?
Il docente italiano di lingua straniera ha la possibilità anche di insegnare come lettore o lettrice di italiano presso le Università straniere presenti in tutto il mondo: è un concorso che appartiene a questa procedura e viene svolto assieme alle altre classi di concorso. Ad esempio, un docente di lingua straniera che insegna inglese, sempre che abbia svolto durante il suo percorso universitario almeno due esami di lingua o letteratura italiana, può partecipare non solo all’insegnamento dell’inglese, per il quale i posti sono pochissimi, ma anche al concorso per diventare lettore di lingua italiana. E lo può fare assieme ai docenti di lettere. Come lettore, le possibilità che venga assunto all’estero sono maggiori.
Un dipendente della scuola che lavora all’estero quanto guadagna?
Non si tratta di uno stipendio, perché anche lavorando all’estero lo stipendio che si continua a percepire è sempre so stesso. Quello che si aggiunge è un assegno di sede, cosiddetto Ise, l’indennità di servizio all’estero: non ha natura retributiva, anche se in parte costituisce reddito. In media, a seconda delle sedi e del grado di disagio della sede estera, l’indennità di servizio all’estero varia tra una forbice di 2.800-3.000 euro al mese fino a 5.000 euro. Parliamo di somme nette, tolta la parte che viene soggetta ad Irpef. La somma dipenderà dalle varie sedi.
Ci sono località particolarmente ambite?
Dipende dagli obiettivi che si pone il lavoratore italiano che tenta la selezione. È chiaro che la parte economica è maggiore dove la sede è disagiata. Se si viene nominati ad Addis Abeba, si percepisce una somma mensile molto più alta rispetto ad una sede come Madrid o Barcellona, dove il tenore e il costo di vita è diverso. Però, potrebbe anche accadere che problemi personali, familiari o di salute non consiglino il collega di accettare sedi disagiate, rinunciando ad un beneficio economico maggiore ma in questo caso si guadagna in qualità della vita.
Quali consigli si sente di dare a chi si vuole recare all’estero?
La base è avere titoli linguistici: le conoscenze linguistiche sono una condizione di partecipazione. Devono essere di livello almeno B2, se sono C1 e C2 ancora meglio perché oltre a permettere di partecipare danno anche un punteggio aggiuntivo ai titoli e ai servizi. Soprattutto per chi non è nell’ultima fase della carriera lavorativa, è un’esperienza da consigliare.
Cosa si ottiene lavorando fuori Italia?
È un’esperienza che arricchisce dal punto di vista professionale e umano. E nulla guasta anche da quello economico, che porta indubbi vantaggi.
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