Insegnare e apprendere con i social network a scuola è possibile e doveroso. Se è vero, infatti, come sostiene Ervin Goffman, che i feticci tecnologici, vedi oggi gli smartphone o i diversi account social, servono a conformarsi alla società (a scapito dell’individualità) e ai modelli e standard sociali ritenuti vincenti, ne deduciamo che la scuola debba farsi carico con urgenza di scardinare questo meccanismo, per educare ragazzi critici, pensanti, con modelli intellettuali e di comportamento maturi e autoprodotti. L’educatore, in altre parole, deve assicurarsi che il ragazzo non si senta obbligato a indossare le maschere proposte dal mercato, ma sappia fare le proprie valutazioni. In questo contesto i social network non sono da demonizzare, ma da usare nel modo adeguato. I social network sono uno strumento e come tutti gli strumenti, i suoi meccanismi vanno appresi e insegnati.
George Herbert Mead, lo psicologo cui dobbiamo l’Interazionismo simbolico, ci ricorda che alla base delle relazioni tra società e individuo ci sta la comunicazione come condivisione di simboli. La realtà, ci spiega Mead, esiste perché c’è una mente che la pensa, la interpreta, dà senso ai suoi oggetti. Dunque c’è una realtà e c’è una mente che la pensa o potremmo dire uno storytelling che la racconta. Infine c’è un sé ovvero un modo in cui la mente pensa se stessa, diventando oggetto a se stessa. Realtà, mente, sé. Il trio di Mead e del suo interazionismo simbolico. Cosa significa tutto questo dal punto di vista pedagogico? Che la personalità di un individuo passa attraverso il modo in cui interpreta la realtà e interpreta se stesso alla luce della realtà. Alla base dell’autostima c’è proprio questo meccanismo.
Per riagganciarci ai social network, in quanto strumenti di comunicazione e di produzione simbolica, l’uso che i ragazzi ne fanno influirà sulla loro stessa personalità, rendendoli sicuri di sé alle volte, ma alle volte fragili. Compito della scuola è governare questi processi e fare in modo, ad esempio, che un account social non sia causa di frustrazione per un ragazzo nell’età in cui sviluppa la propria personalità. Ecco in che senso insegnare e apprendere con i social network. Studi recenti rivelano quali siano i social media più ansiogeni per un adolescente, causa di ansia, di forte dipendenza e di una vera e propria ossessione di come si appare. Cosa può fare un educatore? Lavorare al fianco dei ragazzi per rivelare loro questi fenomeni, affinché ne prendano coscienza e possano agire di conseguenza.
La didattica laboratoriale e il digital storytelling offrono molti spunti per farsi carico di queste problematiche e per rendere i social media una risorsa formativa più che un ostacolo o una criticità.
A questo proposito, segnaliamo il corso di Digital Storytelling della nostra formatrice Carla Virzì, il 15 e 16 luglio, dalle 16:00 alle 18:30. Per maggiori informazioni e per visionare il programma del corso clicca sul link: https://corsi.tecnicadellascuola.it/corsi/webinar/digital-storytelling-2a-ed/
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