Insegnare è una missione? O un lavoro “come gli altri”? Queste domande riecheggiano periodicamente negli spazi social in cui si parla di scuola. A dire la sua in merito è stato il docente e scrittore Enrico Galiano, su IlLibraio.it.
Ecco il suo punto di vista, come al solito illustrato in modo molto ironico e creativo: “Il dialogo si svolge più o meno così:
– E tu che fai?
– Be’ io sono un insegnante.
– Dai bello!
– Grazie!
Un attimo di silenzio, e poi…
– Certo, il vostro lavoro alla fine è una missione…
Praticamente questa frase ha raggiunto il prestigioso status di luogo comune, proprio come ‘Non c’è più la mezza stagione’ e ‘I giovani non son più quelli di una volta!’. Possiamo dirlo a gran voce, però? No, insegnare non è una missione”, ha esordito.
Missione è una parola pericolosa. Sapete perché? Perché evoca tutto un mondo diverso da quello che è – o almeno dovrebbe essere – l’insegnamento: la dici e subito ti saltano in mente immagini di preti nelle favelas, suore nelle zone di guerra, Robert De Niro che porta carichi più pesanti di lui nel fango mentre in sottofondo corre il Gabriel’s oboe di Ennio Morricone. Insomma: un lavoro che fai per gratuita completa dedizione. Come un immolarsi, un sacrificarsi. Allora qui sorge spontanea una domanda: direste mai che fare il chirurgo è una missione? Che lo è fare l’avvocato? L’ingegnere?
Eppure, anche l’insegnante ha bisogno di un percorso di studi altamente professionalizzante. Anche lui – o lei – deve accumulare anni di tirocini formazioni corsi ricorsi esami.
Perché missione è una definizione che sposta questo lavoro così complesso dalla parte dei ‘lavori che sono pagati ma potrebbero essere anche gratis’. Di quelle cose che fai quasi per un anelito di volontarismo. O di quelli che un po’ ti pagano e un po’ no, quasi come un riconoscimento simbolico. Che è abbastanza vero, eh: se andiamo a vedere la media degli stipendi degli insegnanti italiani rispetto a quelli degli altri paesi europei, rischiamo davvero il coccolone. È così che l’insegnamento si innesta nell’immaginario. Le parole sono importanti e il fatto che si usi sempre questa – ‘missione’ – quando si parla dell’insegnamento significa che, semplicemente, non abbiamo capito cos’è e cosa fa un insegnante.
Un insegnante è un professionista. Esattamente come un chirurgo, un avvocato, un ingegnere. Un insegnante è una persona con specifiche competenze in ambito educativo. Un insegnante è qualcuno a cui è assegnato l’importantissimo compito di occuparsi della formazione culturale e umana dei vostri figli. Un insegnante è, anche, un pubblico ufficiale. Un rappresentante delle istituzioni che, come un agente delle forze dell’ordine, un politico o un magistrato, ha il compito di gestire un complessissimo ambito della vita pubblica: la scuola. E infine. Un insegnante è un artista. Sì, uso questa parola, perché insegnare è prima di tutto un’arte. Che richiede talento e studio, predisposizione e lavoro continui. E che non è da tutti, proprio come ogni arte. Che dite possiamo darci, come missione, di non chiamarla più una missione?”, ha concluso.
Qualche anno fa hanno destato parecchio scalpore le parole del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che a margine del congresso della Fidae, la federazione di scuole cattoliche paritarie, ha parlato, fra le altre cose, della professione dell’insegnante, definendola come “una missione”, mentre la scuola deve essere intesa come “l’unica vera agenzia educativa”.
I lettori della Tecnica della Scuola, chiamati in causa tramite una rilevazione su Facebook, non si sono trovati in accordo con Bussetti sulla questione, anzi: su un totale di 1089 voti, il 64% dei lettori ha respinto la definizione di “missione” associata alla professione dell’insegnante. Mentre invece, per il restante 36%, tale visione non è assolutamente sbagliata.
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