“Da oggi sarai prof, assistente sociale, psicologa e poliziotta”. Così è stata accolta da un collega nel suo primo giorno di scuola Anna Benjamin, giornalista francese del settimanale L’Express che – avendo titolo per insegnare geostoria alle medie – ha voluto “infiltrarsi” in un istituto della regione parigina per vivere dall’interno la tanto denigrata/disprezzata/svilita, ma anche amatissima professione docente.
Sei mesi di supplenza che hanno poi prodotto “Prof, une journaliste en immersion” un libro-inchiesta pubblicato dalle edizioni Goutte d’or all’inizio di questo mese. Una testimonianza in cui la giornalista descrive e documenta le ansie, le paure, le difficoltà e talora le soddisfazioni di insegnare in una scuola media collocata nell’area di educazione prioritaria di un quartiere a rischio di una non meglio identificata area urbana dell’Île de France. Ma anche le perplessità verso un sistema che assume supplenti temporanei semplicemente sulla base di un colloquio di una trentina di minuti.
Strutturato in capitoli brevi e densi, la giornalista-docente prende coscienza del fatto che la maggioranza dell’opinione pubblica non ha la minima idea della complessità di una professione che viene snobbata per lo più a causa dell’orario di lavoro comodo e delle molte vacanze durante l’anno. Tutti, però, trascurano alcuni elementi fondamentali: non è per niente facile riuscire a interessare venticinque ragazzini – quando va bene – provenienti dai quattro angoli del pianeta, con retroterra culturali diversissimi, con famiglie per lo più povere alle spalle, con motivazioni di partenza prossime allo zero. Ciò comporta un tempo di preparazione delle lezioni, almeno un’ora per ogni ora di lezione in classe. Se aggiungiamo il tempo per correggere i compiti, per parlare con le famiglie, i consigli di classe e i collegi dei docenti, ci si accorge che il lavoro dei professori, in termini di ore quotidiane, assomiglia molto al famoso iceberg di cui si vuole vedere solo la punta, per motivi diversi: i politici, per convenienza, la gente comune per ignoranza.
I docenti italiani non troveranno niente di nuovo in questo libro-inchiesta, se non che mal comune dovrebbe essere mezzo gaudio, anche se c’è poco da stare allegri: così come accade in Italia, infatti, anche in Francia la scuola “tiene” – soprattutto in certi contesti urbani degradati – grazie ai docenti che non mollano, che malgrado la scarsa considerazione politica e sociale di cui godono, sono lì tutti i giorni a combattere per salvare anche un solo alunno dalla strada.
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