Il tema dell’insegnamento della religione cattolica ritorna periodica nel dibattito politico sulla scuola anche con prese di posizione radicali che però devono fare i conti con un quadro normativo molto complesso che risale in larga misura all’ “Accordo di Villa Madama” sottoscritto esattamente il 18 febbraio 1984 fra lo Stato Italiano e la Città del Vaticano con il quale si rinnovavano, con modifiche e integrazioni, i Patti Lateranensi del 1929
L’accordo venne stipulato dopo almeno due anni di trattative fra il Governo italiano di Bettino Craxi e lo Stato del Vaticano che avevano deciso di rivedere il vecchio concordato dell’11 febbraio del 1929 (altra data importante, tanto che il fino al 1985 nella giornata dell’11 febbraio studenti e docenti godevano persino di una pausa “festiva”).
Questo perché è la stessa Costituzione della Repubblica che, all’articolo 7, stabilisce che i rapporto fra Stato e Chiesa sono regolati dal Concordato che può essere rivisto con un accordo bilaterale.
L’articolo dell’accordo con ripercussioni dirette sulla scuola è il numero 9 che così recita: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni, ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento”.
L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali trova dunque fondamento proprio in quell’articolo, oltre che, ovviamente, nelle disposizioni già contenute nei Patti del 1929.
Sotto il profilo strettamente giuridico va detto che l’Accordo di Villa Madama è, a tutti gli effetti, un vero e proprio “trattato internazionale” che, per essere modificato, necessita di un nuovo accordo fra lo Stato italiano e la Santa sede.
Quindi, per eliminare l’insegnamento della religione cattolica dai programmi delle scuole statali, non basta una legge votata dal Parlamento ma è necessario anche un nuovo trattato.
C’è un’altra strada più radicale anche se, per la verità, difficilissima da percorrere.
Secondo il nostro ordinamento i rapporti fra Stato e Chiesa sono regolati i base a quanto previsto dall’articolo 7 della Costituzione che stabilisce che “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” e che “i loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”.
In linea di principio nulla impedisce che lo Stato italiano possa regolare i rapporti con atti unilaterali e cioè di natura non pattizia, ma per fare questo sarebbe indispensabile modificare in modo sostanziale l’articolo 7 della nostra Carta.
Bisogna anche ricordare che sempre l’articolo 9 della legge 121/85 prevede che “all’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto [e cioè di avvalersi o non avvalersi], su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”.
Quindi persino questa semplice regola procedurale fa parte dell’accordo e non può essere modificata con una semplice legge dello Stato.
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