La vicenda dell’insegnante colpita da uno studente con una coltellata al viso fa riflettere, e non poco.
Intanto per la motivazione; stando almeno ai primi resoconti sembra che la reazione dello studente sia stata provocata dal fatto che l’insegnante intendeva interrogarlo.
Il ragazzo, cioè, non era stato ripreso per una mancanza (reale o presunta) ma semplicemente era stato chiamato per una normale interrogazione.
Le indagini accerteranno l’esatta dinamica e anche le condizioni psicofisiche in cui si trovava lo studente in quel momento in modo da consentire una corretta valutazione della situazione.
Un fatto, però, va messo subito in chiaro: l’episodio è non solo grave ma gravissimo anche perchè a questo punto bisognerà capire se d’ora innanzi nelle scuole si dovranno mettere in atto misure di controllo per evitare che qualcuno possa entrare con un’arma in tasca o nello zainetto.
Il fatto poi che la reazione dello studente sia legata ad una semplice richiesta di interrogazione significa che – a questo punto – anche una normalissima attività didattica può essere rischiosa.
Eravamo abituati (si fa per dire) a insegnanti schiaffeggiati o insultati da genitori o parenti “su di giri” intervenuti in difesa del pargolo sgridato o mandato a casa con un 4 di matematica. E fin qui qualcuno avrebbe anche potuto suggerire agli incauti e coraggiosi docenti: “Ma dovevi proprio dargli 4? Ma dovevi proprio sgridarlo perchè aveva soltanto preso in giro il compagno di banco disabile?”
Per la verità nei social c’è già qualcuno che sarcasticamente commenta: “Certo che l’insegnante aveva anche delle belle pretese!”.
Al di là dell’ironia e del sarcasmo, il problema è davvero gravissimo e forse, molto seriamente, dovremmo incominciare a chiederci se ai docenti non debba essere riconosciuta una sorta di “indennità di rischio”, soprattutto se operano in territori dove il disagio sociale è più evidente.
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