Ho letto su Facebook gli insulti, che definire sessisti è poco, rivolti alla ministra Azzolina da parte di militanti leghisti.
Con protagonisti non solo i soliti maschiacci celoduristi, di tradizione bossiana, ma anche fans del gentil sesso.
Quando non v’è pensiero, viene da commentare al volo, si finisce inevitabilmente per scadere nella parola forte, se non addirittura, come in questo caso, nell’insulto, nella mancanza di rispetto della persona, chiunque essa sia, al di là del ruolo e della visibilità.
Preferisco non citare qualche passaggio, ma il richiamo credo basti a sufficienza.
Che il tema della ripartenza a scuola sia oggi la priorità del nostro Paese, come ha fatto intendere Conte col suo richiamo di ieri ai ministri, e che la ministra Azzolina si sia rivelata fragile l’abbiamo capito tutti, tant’è che lo stesso Conte le ha affiancato, oltre a task force, Cts e consulenti vari, il commissario Arcuri. Con supervisore Max Bruschi, come direttore generale.
Il commissario Arcuri, ad esempio, nella conferenza di servizio, di qualche giorno fa, con i direttori regionali ha assunto toni e linguaggi che competono in realtà al politico, e non al tecnico, alla presenza silente della stessa ministra.
Arcuri, in quella occasione, ha lanciato rimbrotti verso quelle regioni, come la Sicilia, che hanno chiesto il 60% di banchi e sedie nuove, di contro al 15% del Veneto.
Insomma, rispetto dei ruoli e delle responsabilità.
Cioè, il rispetto deve essere il prerequisito di qualsiasi confronto, di qualsiasi relazione, anche se dialetticamente forte, come oramai pretende la politica ai giorni nostri.
Il rispetto reciproco che sia bilanciato da una effettiva domanda di verità da tutti verificabile.
Questa è la buona politica, che tutti auspichiamo. Solo a parole?
Il decadimento del linguaggio, che è decadimento o assenza di pensiero, non è cosa nuova. Basti pensare ai trascorsi del movimento politico della stessa Azzolina.
Forse un suo mea culpa non sarebbe, credo, cosa sgradita, visto quanto sta succedendo alla sua persona.
Non si pretende, qui, ovviamente, il ritorno tout court alla “mitezza” in passato evocata da Mino Martinazzoli, politico di altri tempi.
Qualcuno potrebbe pensare che questi commenti violenti in realtà siano una produzione della cosiddetta Bestia, cioè di quell’algoritmo che da qualche tempo produce fake news per orientare le opinioni e le reazioni emotive del “popolo” virtuale.
Al di là degli autori virtuali o reali, resta comunque il fatto, cioè la violenza delle parole.
E la ministra come ha risposto?
Con un post, sempre su Facebook: “Nessuna donna dovrà mai più leggere commenti così infimi, subire attacchi volgari e abietti come questi. È e sarà la mia battaglia. E la faremo a scuola. Educando le nuove generazioni al rispetto dell’altro, uomo o donna che sia, al pensiero critico, allo scambio di idee fatto con i contenuti e non con la volgarità. Provo molta pena per chi si esprime in questo modo e per chi alimenta questo tipo di reazione, parlando solo alla pancia e mai alla testa delle persone. È un sistema che va combattuto ed è lapalissiano che la scuola sia il naturale antidoto”.
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