A Milano c’è una scuola la cui attività didattica fa capire esattamente cos’è oggi la scuola multietnica e la relativa istruzione che si pratica. Nonché i livelli di integrazione e le condizioni delle periferie per lo più abbandonate ormai dagli italiani.
Il Sole 24 Ore porta l’esperienza della scuola elementare di via Paravia, nel quartiere delle case popolari di San Siro a Milano, dove però ciò che subito colpisce sono gli accenti di una lingua che non è l’italiano perché in queste classi la maggioranza dei bambini con percentuali che sfiorano il cento per cento sono stranieri.
Dunque, scrive il giornale, qui si possono ascoltare due suoni, mentre sullo sfondo echeggiano le note che arrivano da piazza Selinunte, dove spesso gli eroi di strada sono rapper che cantano del degrado del posto dove vivono e del sogno della ricchezza a tutti i costi.
Dice la preside: “A me non piace tanto l’idea di ghetto, però questa è una scuola difficile dove bisogna veramente attivare tante strategie per arrivare all’obiettivo”.
E infatti l’apprendimento qui è soprattutto quello rivolto a selezionare e implementare gli strumenti dell’integrazione, mirando a sperimentare nuove vie didattiche laddove gli strumenti tradizioni sono inefficaci.
Dunque attività didattiche caratterizzate da esperienze concrete e vissute, che aiutano lo sviluppo della personalità e dell’apprendimento, come il metodo Pizzigoni. Un metodo che parte dalla terra, dalla piccola agrocoltura, per trovare correlazioni e riferimenti linguistici.
In ogni caso, nonostante le difficoltà, in questa scuola lo sforzo didattico innovativo delle maestre premia molte realtà. Uno degli strumenti vincenti è il metodo di studio che favorisce l’apprendimento veloce dell’italiano e un approccio diverso allo studio.
Le maestre di via Paravia raccontano come vivono con i loro bambini e come la scuola sia diventato un punto di riferimento per le famiglie e per il quartiere. Come la sfida didattica sia l’unica via di uscita percorribile nelle difficoltà.
Spiega una maestra al giornale: “Io sono arrivata qui dai primi anni di insegnamento in scuole di zone benestanti, i bambini avevano tutto. Ma erano forse stanchi di avere tutto, e quando sono arrivata in via Paravia, l’ho vista come una sfida. Se realmente sono un’insegnante, voglio esserla nelle difficoltà, non dove è tutto semplice, dove i bambini sono super bravi. Sono arrivata qua in un contesto difficile e sono venuti fuori i valori”.
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