La sperimentazione per l’introduzione di strumenti di intelligenza artificiale nelle scuole proposta da ministro Valditara fa discutere anche in ambito sindacale.
Sul tema interviene la Cisl Scuola con una propria nota inserita nella newsletter rivolta ai dirigenti scolastici: “La creazione di itinerari personalizzati – si legge nella nota – è prevista sulle materie stem e lingue straniere. Il riferimento è alla tassonomia di Bloom e alle esperienze di Mastery learning, attraverso la segmentazione di elementi di apprendimento e un controllo costante dei livelli di acquisizione raggiunti, per evitare l’accumulo di difficoltà”.
Cisl Scuola spiega che “l’introduzione di assistenti virtuali permetterà di individuare rapidamente il nodo problematico nel percorso di apprendimento di ogni singolo allievo e di affrontarlo analiticamente”.
Secondo il sindacato l’iniziativa appare interessante e in linea con le tendenze internazionali ma “desta qualche inquietudine la notizia che a settembre a Londra ha preso avvio una classe interamente gestita dall’Intelligenza artificiale”.
“Accanto agli allievi – si legge ancora nella nota – troviamo non più i docenti, ma degli assistenti, una sorta di tutor o coach, che accompagnano l’attività di apprendimento. Si ha così un rovesciamento di fronti, il virtuale diventa reale, fisico, concretissimo e forse marginalizzante per il mondo formativo così come ora lo conosciamo”.
Il sindacato teme che “la difficoltà sempre più ampia a livello internazionale nel reperire docenti potrebbe costituire evidentemente un ulteriore incentivo in questa direzione”.
Certo, ci potrebbero essere risparmi in termini economici ma anche i rischi di condizionamento nella definizione di algoritmi istruzionali.
Si chiede Cisl Scuola: “Visori, cuffie, piattaforme e software costituiranno dunque lo scenario dell’apprendimento futuro? Pensiamo proprio di no. A meno di confondere l’istruzione con l’apprendimento”.
Il sindacato di Ivana Barbacci ricorda che se l’istruzione può essere anche intesa come acquisizione di conoscenze e procedure, “l’apprendimento è ben altro e si alimenta di confronto, costruzione comune, dialogo, condivisione di idee, crescita individuale e collettiva”.
“Certo – conclude la nota – questi strumenti possono essere di grande ausilio, ma non possono assolutamente rendere la pastosità e la ricchezza dell’incontro con gli altri in una dimensione riflessiva e di confronto, dimensione che è all’origine del concetto stesso di umanità”.
Si tratta insomma di “non assolutizzare quegli strumenti, che occorre saper dominare per non esserne dominati, puntando invece a costruire con accortezza, apertura e innovatività un ambiente di apprendimento sempre più accogliente e attento alle esigenze individuali, senza dimenticare mai le nostre radici sociali e relazionali”.
A tutti questi problemi messi in evidenza dal sindacato, si aggiungono non pochi interrogativi sui quali, ad oggi, non si hanno ancora risposte.
Intanto nulla si sa sulle modalità con cui vengono (o verranno selezionate) le 15 classi che parteciperanno alla sperimentazione così come nulla si sa su come ne verranno “misurati” gli effetti: per ora si parla genericamente di test che verranno predisposti dall’Invalsi, ma c’è il dubbio che una sperimentazione di questo genere avrebbe bisogno anche di apprezzamenti di natura qualitativa difficilmente valutabili con test o altri strumenti analoghi.
Non solo, ma siamo proprio sicuri che un anno di “sperimentazione” sia sufficiente per validare gli strumenti che verranno usati?
Senza considerare che non esiste per il momento nessun piano che indichi cosa succederà dopo la sperimentazione. Il Ministro ha detto che se le cose andranno bene, l’IA artificiale potrà essere estesa a tutte le scuole d’Italia. Ma, esiste un piano di fattibilità? Quante e quali risorse finanziarie e umane saranno necessarie per raggiungere questo obiettivo?
Per adesso tutto è ancora molto incerto.
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