Il 17 maggio scorso si è tenuto, a Torino, nell’Aula Magna del Liceo Massimo D’Azeglio, un seminario CESP, sull’interdisciplinarietà educativa e pedagogica. Gli ultimi dati sulla povertà educativa in Italia, collocano il nostro Paese agli ultimi posti in Europa, tanto per la quota di popolazione che interrompe gli studi dopo la scuola media, quanto per lo scarso numero di studenti che conseguono un titolo di scuola superiore e, ancora, per lo scarso numero di laureati. Risulta, da quanto riportato e da noi liberamente assemblato, che in Italia il 39,2% della popolazione tra i 16 e i 64 anni ha abbandonato gli studi dopo la terza media (il 25% nel resto d’Europa) e, considerando la popolazione fino ai 74 anni, si arriva al 53% (OECD, 2022); il 12,7% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni non ha conseguito, né un diploma di scuola superiore né una qualifica professionale, mentre nel resto d’Europa la media è del 9,7% (Eurostat 2021); solo il 17,9% dei residenti in Italia tra i 16 e i 64 anni, ha conseguito una laurea (la media UE è del 30%). Sono dati preoccupanti, di fronte ai quali, per comprenderne appieno consistenza, contenuti e conseguenze occorre porsi nella prospettiva di cogliere le motivazioni profonde di una tale deprivazione educativa (problematica che in Italia ha ben conosciute radici storiche), anche per cercare di non perpetuare gli stessi errori di impostazione. Accanto a questo fenomeno, e come sua logica conseguenza, è inevitabile pensare alla difficoltà di gestione della classe, poiché forme sempre più diffuse di disagio negli adolescenti e nei bambini hanno assunto un’importanza tale che la scuola non può più ignorare o soltanto medicalizzare. Si pone allora inevitabilmente la questione di quali soluzioni adottare per valorizzare la funzione del docente e supportarla in una prospettiva che non può che essere ormai e sempre di più di progettazione cooperativa, la quale si basi su percorsi didattici funzionali a creare classi unite e dinamiche, dove tutti gli studenti e le studentesse si sentano protagonisti/e con le loro specificità, stimolati nella relazione tra pari e non, nell’ottica di creare un sistema relazionale virtuoso, che favorisca la partecipazione con una ricaduta positiva intermini di dispersione scolastica, benessere generale (anche degli insegnanti),nonché di miglioramento dei risultati di apprendimento. La scuola, infatti, deve affermare con forza che non si può ridurre ad un burocratico processo di amministrazione o ad un soggetto che utilizza le neurodiagnosi come succedaneo educativo o, peggio ancora, ad un luogo in cui l’educazione è demandata alle forze dell’ordine. Ma quali figure potrebbero creare efficacemente interdisciplinarità all’interno delle scuole? Per esempio, il ruolo dell’educatore per tutte/i all’interno delle classi, e non solo per gli studenti e le studentesse con BES, si rivelerebbe di estrema importanza, vista la quotidiana necessità in tutte le scuole di intervenire attraverso strategie che risultino utili ed efficaci e che facciano leva sulla promozione della motivazione di tutti i soggetti coinvolti. Non di meno, anche la sua attività di mediatore attivo per quanto concerne i diversi gruppi e i diversi ruoli, potrebbe e dovrebbe essere potenziata con la finalità di promuovere contesti resilienti all’apprendimento fiducioso e che promuovano la cultura e l’identità di tutta la comunità scolastica. E la pedagogia?
È scomparsa dalle scuole statali italiane. Il nostro, infatti, è l’unico Paese in Europa che non ha figure pedagogiche nelle istituzioni scolastiche pubbliche, anche se la pedagogia è la scienza applicata deputata a governare i processi formativi che riguardano sia lo sviluppo umano, sia la sua educazione, attraverso azioni concrete. Quindi, in un’ottica di coprogettazione didattica, la figura del pedagogista, poiché è appunto suo oggetto di studio, potrebbe contribuire a fornire nuovi modelli di insegnamento – apprendimento che superino l’attuale diacronia tra docenti e discenti e che insieme ai docenti riporti al centro dell’attenzione il desiderio di tutta la popolazione scolastica di apprendere e diventare protagonista del proprio futuro. Di questo e di molto altro si è discusso nel succitato Convegno/seminario promosso dal CESP a Torino il 17 maggio insieme alla prof.ssa Anna Grazia Stammati, presidente del CESP, alla dott.ssa Luisa Bertolotto, educatrice, e al prof. Daniele Novara, pedagogista, e con una assai folta partecipazione (oltre 250 i presenti) di docenti di ogni ordine di scuola.
Paola De Fusco CESP Torino e Anna Grazia Stammati presidente CESP
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