Organizzato dal Centro Nazionale di Studi Leopardiani, in collaborazione con la Cattedra Giacomo Leopardi dell’Università degli Studi di Macerata, si è svolto nell’ottobre 2019 il Convegno internazionale “Interminati spazi” che ha radunato, per la prima volta, i massimi studiosi italiani delle diverse discipline, e non solo umanistiche, per riflettere sul significato di quei 15 straordinari versi che compongono “L’infinito” e sull’impatto dell’opera di Leopardi nella contemporaneità.
Ora quel particolare convegno è diventato un libro, curato da Alberto Folin e con prefazione di Fabio Corvatta, dal titolo: “Interminati spazi. Leopardi e L’infinito”, Donzelli, che si inserisce sempre nel ricco programma di iniziative organizzate dal Comitato Nazionale per il Bicentenario de “L’Infinito”. Un convegno, e dunque la relativa postuma pubblicazione, nato per la divulgazione di questa straordinaria opera poetica e per diffondere, nello stesso tempo, la poesia di Leopardi come strumento artistico dotato di forza e di passione con l’intento di coinvolgere anche e soprattutto i giovani sui messaggi etici e filosofici sottesi a quei versi, che per molti aspetti compendiano il pensiero leopardiano. Infatti, “L’infinito”, precisa Folin, non è solo un testo poetico tra i più perfetti che la storia della letteratura abbia mai formulato, ma è anche un punto di svolta nella storia della poesia moderna e contemporanea. Così come lo sono le sue infinite possibilità interpretative che, in qualche modo, più che essere pensate razionalmente dal poeta, che ascolta un demone interiore di cui talvolta non ha consapevolezza, e che è invece alimentato dai profondissimi studi, vengono scoperte invece dal lettore e dal critico letterario sulla base della propria sensibilità e della propria weltanschauung.
Libro collettaneo, raccoglie gli interventi di Luigi Blasucci, Francesco Orilia, Enrico Capodoglio, Marco Bersanelli, Giangiorgio Pasqualotto, Massimo Cacciari, Gaetano Lattieri, Sergio Givone, Antonio Rostagno, Luigi Reitani, Silvano Tagliagambe, Paolo Zellini, Gaspare Polizzi, Fiorenza Ceragioli, Antonella Antonia Paolini, Gilberto Lonardi, Giacomo Magrini, Franco D’Intino, Antonio Preti.
Fondamentale l’introduzione di Alberto Folin per avere una prima, generale idea, secondo le conoscenze e gli studi di ciascuno degli intellettuali coinvolti nei relativi testi, del punto di partenza e di arrivo della proprie tesi, cosicché il lettore può, seguendo la sua sensibile emotività e cultura, intrattenersi nella sezione a lui più congeniale e magari proseguire, successivamente, per riferimenti, citazioni, associazioni di contributi e idee. In ogni caso, nel suo insieme, la disamina minuziosa di tutte le argomentazioni e le tematiche che compongono il libro, gravitano attorno a quel colle “caro” dove la “siepe” nega l’infinito, ma non il suo immaginarlo, con piacere, nelle “sconfinate” sue possibilità di fantasticarlo. Un piacere figlio della mancanza dell’oltre nascosto, ma anche del “non limite”, caro ai romantici come frutto dell’immaginazione dell’uomo e della sua ricerca degli “infiniti spazi” oltre i quali verdeggia il fiore azzurro di Novalis, simbolo appunto dell’amore e della tensione verso un interminato fiabesco.
Questa lirica di Leopardi, scrive ancora Folin, “offre al lettore moderno una straordinaria gamma di possibilità interpretative, non solo sul piano critico e filosofico, ma anche su quello delle scienze umane e di quelle cosiddette esatte”, compresa l’astrofisica, la matematica, l’antropologia, la musicologia. 15 straordinari versi insomma dentro cui la poetica del grande recanatese si condensa, espandendosi poi nell’intera produzione di Giacomo Leopardi.
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