Internet candidato al Nobel per la Pace: non è uno scherzo, ma i prof lo sanno?
Prima ad internet, ora a Google, il suo più famoso ed usato motore di ricerca. L’idea di assegnare il Nobel della Pace alla madre di tutte le reti, o alla sua “creatura” più sublime, comincia a circolare da qualche settimana con insistenza. E siccome a parlarne sono fonti autorevoli potremmo cominciare a supporre che si tratta di più di una provocazione. Che, in ogni caso, sarà sicuramente apprezzata dai nostri giovani, sempre più legati, in molti casi a livello quasi viscerale, al mondo del digitale interattivo.
Il primo a parlarne, sul finire del 2009, era stato il mensile Wired Italia che varò un vero e proprio progetto Internet for Peace: la rivista per l’occasione presentò la sua idea attraverso “ambasciatori” d’eccellenza, come il Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, il Professor Umberto Veronesi e lo stilista Giorgio Armani.
Partendo dall’idea che Internet si costituisca soprattutto come strumento di democrazia fruibile da tutti, in grado di veicolare messaggi di solidarietà e civiltà, Wired Italia faceva notare che “con l’aumento della sua diffusione e accessibilità, Internet ha ampiamente dimostrato di non essere solo una rete di computer collegati fra loro o un contenitore di pagine web navigabili dagli utenti, ma si offre come prezioso e potente strumento di comunicazione globale in grado di oltrepassare anche le distanze dettate da restrizioni di tipo politico e militare”.
Per il suo direttore, Riccardo Luna, ormai abbiamo tutti gli elementi per "guardare a Internet come ad una grande community in cui uomini e donne di tutte le nazionalità e di qualsiasi religione riescono a comunicare, a solidarizzare e a diffondere, contro ogni barriera, una nuova cultura di collaborazione e condivisione della conoscenza. Internet può essere considerato per questo la prima arma di costruzione di massa, in grado di abbattere l’odio e il conflitto per propagare la democrazia e la pace. Quanto accaduto in Iran dopo le ultime elezioni e il ruolo giocato dalla Rete nella diffusione delle informazioni altrimenti prigioniere della censura sono solo l’ultimo esempio di come Internet possa divenire un’arma di speranza globale".
Il viaggio è partito proprio dall’Iran e dalla rivolta di Teheran dopo le ultime elezioni presidenziali. Ogni mese fino a settembre 2010, il mensile di tecnologia e innovazione di Condé Nast sta dedicando un approfondimento alle storie e alle esperienze di chi – attraverso la Rete – ha provato e prova a fare crescere la pace.
Tra le aziende che hanno accolto l’invito a sostenere la candidatura di Internet al Premio Nobel per la Pace ci sono Sony Ericsson, Tiscali, Fineco, Fastweb, Microsoft Italia, Telecom Italia, Unendo Energia, Vodafone Italia, Citroën e H3G, che hanno realizzato dieci pagine creative a sostegno di Internet for Peace che Wired pubblicherà sul numero di dicembre.
Il 15 gennaio l’idea di premiare Internet con il Nobel per la pace è stata ripresa dal periodico on line “Ffwebmagazine”, della Fondazione Farefuturo, vicina al presidente dalla Camera, Gianfranco Fini, che l’ha giudicata “una proposta giusta e sacrosanta. Anzi, perché non dare a Google, nel frattempo, un bel premio ad hoc, magari una ‘medaglia della libertà’ da appuntare sul bavero telematico della grande ‘G’?". Ecco che allora la candidatura vuole essere anche un rimettere i luoghi “virtuali” nella giusta dimensione. “Dopo la vergognosa aggressione al premier – ha continuato il periodico – qualcuno ha pensato di stringere un po` le viti dei social network. Magari preparando la strada con un po` di disinformazione, che dipinge Facebook come un pericoloso covo di disagiati, estremisti o potenziali terroristi, per giungere anche alla conclusione che i social network ‘allontanano i giovani dai veri strumenti di cultura’". Giovani, molto spesso studenti, che però hanno il digitale ormai nel sangue. Il loro problema quasi sempre è però quello dell’orientamento. Che su internet è facile perdere. Ma da qui a demonizzare lo strumento ce ne passa. Anche per tutelare i minori, sempre più spesso lasciati da soli mentre navigano al pc, negli ultimi tempi si sono alzati diversi scudi con l’intento di introdurre una sorta di censura nel luogo meno appropriato: “si preparano leggi – sostiene “Ffwebmagazine” – che intervengono con poca delicatezza sulla diffusione di audiovisivi in Rete (da YouTube alle web tv), e si decide che qualunque sito che trasmetta filmati in modo ‘non incidentale’ ma sistematico, dovrà richiederne l`autorizzazione al Ministero competente ed essere, dunque, dotato di un direttore responsabile. (…). Per carità nessun paragone ridicolo con Teheran o con la Cina. Ma c`è delusione, più che preoccupazione. Delusione per un Occidente che si dimostra impaurito da una delle sue più meravigliose e rivoluzionarie creature”.
Ancora una volta ecco che allora la strada per l’appropriarsi nel giusto modo delle enormi opportunità che Internet dà ai giovani è quella della sperimentazione guidata. Da chi? Prima di tutta dalla famiglia. Che però non sempre è in grado di farlo. Mentre la scuola dovrebbe esserne ormai capace: in caso contrario, se i docenti fossero ancora restii (non tanto a livello di competenze, che si spera abbiano ormai fatto loro, ma soprattutto per un innato conservatorismo), avrebbe perso un importante appuntamento con il futuro. E la possibilità di proiettarvi i loro giovani con le conoscenza, le capacità e la mentalità giusta.