Nella pubblica amministrazione il tempo delle connessioni al web difficoltose sta scadendo: presto, almeno queste sono le intenzioni, la banda larga di internet verrà collocata in tutti gli uffici dello Stato, come nelle scuole e presidi sanitari. A stabilirlo è la Carta della cittadinanza digitale che apre la riforma della Pubblica Amministrazione.
“Garantire la disponibilità di connettività a banda larga e l’accesso alla rete presso gli uffici pubblici e gli altri luoghi che, per la loro funzione, richiedono” il collegamento al web: così c’è scritto nel nuovo articolo uno, come riformulato dal relatore, del disegno di legge delega sulla P.a. Per ora è un principio, sarà poi un decreto legislativo del governo a darne piena attuazione. Ma anche qui il testo dell’emendamento diventa più stringente, accorciando i tempi massimi per i decreti attuativi a un anno, prima era un anno e mezzo, dall’approvazione del ddl.
Sempre che la proposta presentata dal relatore del provvedimento, Giorgio Pagliari (Pd), passi ‘immune’ l’iter parlamentare. La realizzazione di quello che per adesso è solo un titolo permetterebbe di superare il cosiddetto ‘digital divide’. Tuttavia, tiene a precisare il ministro della P.a, Marianna Madia, il tutto non deve suonare come un’imposizione per le amministrazioni, occorre, invece, “cambiare approccio”: assicurare connessioni veloci e wi-fi non perché “è un obbligo” ma perché “è un diritto per il cittadino, a cui devono essere garantiti livelli essenziali anche sul versante digitale”. Il risultato però non cambia: lo Stato, in tutte le sue articolazioni, si trasferirà online, almeno stando al provvedimento.
E non è solo un fatto di connessione, sono tanti i punti in cui si snoda la Carta delle cittadinanza digitale, che tra l’altro prevede la definizione di livelli minimi di digitalizzazione, accompagnati da “speciali regimi sanzionatori e premiali per le amministrazioni”.
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L’impressione è che si voglia finalmente dare un’accelerata. E ci sono buoni motivi: dati Istat alla mano, pure se aggiornati al 2012, una rete diffusa in quasi tutti i comuni italiani (99,7%), ma se si guarda alle connessioni con velocità da banda larga le cose cambiano (la percentuale scende al 75,1%).
Il fronte più caldo è però rappresentato dalla scuola: stando sempre a dati dell’Istat, oltre la metà dei cosiddetti ‘nativi digitali’, tra i 6 e i 10 anni, non ha mai navigato su internet. D’altra parte, come si fa in una scuola, sempre quella italiana, che alla primaria mette a disposizione un computer connesso ad internet ogni 333 bambini?
E nelle nostre scuole superiori non va meglio, visto vi è a disposizione appena un computer ogni 12 studenti. Niente a che vedere con la Danimarca (un computer per studente), Norvegia (un pc ogni due studenti) e Francia (uno ogni tre). Anche sull’informatizzazione scolastica studentesca, il nostro Paese, purtroppo, rimane più vicino alla Grecia (un pc per 17 allievi) e Turchia (uno per 22).
A livello generale, infine, è tutto dire che nell’estate scorsa dal rapporto nazionale Glocus, il think tank presieduto da Linda Lanzillotta, è emerso che il 18,5% dei plessi scolastici non è nemmeno connesso a internet: in questi istituti si farebbe un salto tecnologico davvero lungo, dal nulla direttamente alla banda larga.
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