Istituire per legge un regime “meritocratico” nel mondo (già sconquassato) della scuola e della formazione delle giovani generazioni, laddove servirebbero uno spirito di cooperazione costruttiva e democratica ed un modello di autogestione partecipativa e collegiale, costituisce un’operazione assai pericolosa che rischia di produrre effetti devastanti e laceranti per il tessuto già oltremodo fragile e consunto delle istituzioni scolastico-educative.
Nella misura in cui verrebbero incentivate pratiche di tipo clientelare ed opportunistico, incoraggiando fino alle estreme conseguenze il leccaculismo, l’arrivismo, l’avidità e l’individualismo esasperato e disdicevole dei docenti, esaltando l’arroganza e l’arbitrio dei dirigenti. Prevarrà in tal modo la peggiore competizione egoistica e mercantilistica al ribasso. Faccio solo notare che il clientelismo nella scuola esiste già.
C’è già il “mercato delle vacche”. Esattamente dal 1998, quando furono introdotti i fondi incentivanti, che nel corso degli anni si sono moltiplicati come i pani e i pesci. Anzi, come i Pon e i pesci. I presidi elargiscono tali fondi ai loro servi “devoti” e leccapiedi. La nostra è una categoria in gran parte servile, meschina e conformista. Ho visto colleghi e colleghe litigare per pochi spiccioli, vendersi il deretano per quattro soldi. Figuriamoci cosa potrebbe accadere se introducessero nel mondo della scuola meccanismi “premiali” affidati alla totale discrezione, squisitamente arbitraria, dei presunti o sedicenti “presidi-manager”.