Aprile diventa un mese decisivo per il futuro prossimo della scuola italiana: in ballo ci sono l’applicazione di alcuni tasselli della Legge 107, come l’adozione del ‘merito’.
C’è poi l’Ordinanza sulla mobilità, da cui dipenderà anche l’attuazione dei nuovi organici. Il personale sta assistendo con interesse. E impazienza. Perché c’è il timore che le novità introdotte dalla Buona Scuola possano cambiare di netto le regole. Più di qualcuno sostiene che servirebbe quindi mandare un segnale forte al Governo, di tornare in piazza e di indire uno sciopero prima che gli eventi si concretizzino. Ne abbiamo parlato con Stefano d’Errico, segretario nazionale dell’Unicobas, tra i fautori di questa posizione.
D’Errico, le piace l’accordo sulla mobilità del 10 febbraio?
La risposta non può essere che negativa. Perché i ‘sindacatoni’ si sono avventurati in un accordo sulla mobilità che neppure c’è, non ha prodotto alcuna disposizione o effetto giuridico (tanto che si palesa un intervento d’autorità del decisionismo renziano), fornendo ‘in cambio’ alla controparte, proprio per gli istituti contrattuali aboliti e le modifiche concordate, una legittimazione assoluta dei cardini della Legge 107/2015. Parliamo della chiamata diretta e delle patenti disparità di trattamento fra neo-assunti di ‘serie A’ e serie ‘B’, del rinvio a pochi mesi della generale eliminazione della titolarità di istituto (anche per chi, con 30 anni di servizio, debba fare domanda di trasferimento) e dell’avvento dell’organico territoriale. Non si sono occupati neppure di quei 10mila insegnanti demansionati, utilizzati come tappabuchi su ordini e gradi di scuola diversi da quelli della propria abilitazione.
Voi alla contrattazione del bonus premiale non avete mai creduto. Perché?
Perché la Buona Scuola non la prevede. Bastava leggersi la legge. Invece, prima i sindacati rappresentativi hanno fatto accomodare le loro Rsu nei comitati di valutazione per il ‘merito’, raccontando loro per mesi (nonché alla categoria), che i 14mila euro (scesi ‘pro-tempore’ a meno di 12mila) netti del ‘bonus’ sarebbero stati ‘contrattati’. Come se Renzi, con la sua vergognosa riforma, avesse scherzato e non invece ‘blindato’ per legge ‘quel’ salario accessorio tramite (come si fa con tutte le leggi) la disapplicazione delle norme in contrasto con la 107/15.
Quindi sarà cura del comitato di valutazione decidere a chi assegnare il ‘merito’?
A dire il vero la gestione del bonus è delegato in toto all’esclusiva disponibilità del dirigente scolastico, che non a caso è deputato a dire da solo l’ultima parola sulla liquidazione dello stesso. Sia chiaro una volta per tutte che a nulla valgono i ‘criteri’ eventualmente indicati dagli altri membri del comitato di valutazione, poiché è sempre la legge ad elencarli sua sponte ed a sovradeterminarli in via gerarchica, con al primo posto un general-generico e del tutto discrezionale ‘valore’ del ‘merito’, inteso come sganciato da qualsiasi oggettività, quantificazione, ruolo e mansione.
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Ma su questo punto non c’è ancora uniformità di giudizi?
È vero. Infatti, come possiamo raccogliere il favore dell’opinione pubblica sui referendum abrogativi (ed in particolare sul quesito specifico che indica l’eliminazione delle funzioni ‘premiali’ del comitato di valutazione) se non chiariamo senza se e senza ma che né i genitori, né gli studenti, tantomeno gli insegnanti, eletti nel comitato hanno compiti ‘valutativi’? A loro la legge riserva non solo l’infingimento di una collaborazione alla stesura di criteri per elaborare i quali non hanno le (numerose) necessarie competenze richieste, ma soprattutto un ruolo da comparse ineffettive, perché i criteri sono per nulla cogenti o vincolanti per i dirigenti, che esamineranno in perfetta solitudine caso per caso ultimativamente. Per legge, la scelta dei ‘meritevoli’ è assolutamente ‘cosa loro’, dei presidi.
Diversi docenti e Ata sostengono che ci vorrebbe uno “scioperone”, come quello del 5 maggio 2015: forse stavolta, a ridosso delle elezioni amministrative stavolta produrrebbe degli effetti.
Certo che serve uno sciopero, ma serve soprattutto che sia su posizioni forti e chiare. Lo stiamo preparando con i Cobas. Chiamiamo ad intervenire gli studenti, la Gilda e tutto il sindacalismo alternativo per incrociare le braccia nelle date-simbolo delle prove Invalsi, tristemente rappresentative della cattiva scuola-quiz di Renzi e Treelle, per lanciare la lotta a sostegno della campagna referendaria per l’abrogazione della controriforma, per il rispetto della libertà di insegnamento e di apprendimento, contro il concorso-truffa ed il comma 131 che aggira la sentenza sui 3 anni e per un canale di reclutamento specifico per i precari storici e gli abilitati, contro i 2.000 tagli subiti dagli ata e la mancata retribuzione di parti del salario accessorio, per il rinnovo del contratto di lavoro, sequestrato dal 2006.
E i sindacati maggiori? Senza Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals, sarebbe uno sciopero ‘zoppo’?
Forse c’è qualche speranza che aderiscano anche loro. Perché adesso, siccome non sanno più cosa inventarsi a fronte dello scontato ‘niet’ del Miur sulla (del tutto presunta) ‘contrattazione’ del bonus, dopo aver cercato in tutti i modi di spegnere l’incendio nelle scuole (altro che ‘Vietnam’…), anche loro ‘alzano i toni’ e tornano, dopo un anno di contumelie e ‘responsabile’ assenza dalle lotte della loro stessa base (e dalle nostre lotte), a parlare di sciopero.
Ma il personale risponderà alla chiamata dei sindacati?
La resistenza c’è. Nella metà delle scuole i comitati non sono stati eletti, e non solo dai Collegi dei Docenti, bensì spesso persino dai Consigli di Istituto, perché una parte consistente della categoria (ma anche di studenti e genitori), non c’è cascata, non s’è ‘adattata’. Sempre più scuole, con l’Unicobas, da Milano a Bari e Reggio Calabria, da Pescara a Isernia e Livorno, sino a Roma, stanno deliberando di non eleggere i comitati di valutazione. Questa è una battaglia vera, senza ‘finte’ né sconti, contundente ma perfettamente legale. Se tanto mi dà tanto, lo sciopero non sarà un flop.
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