Il presidente Mattarella ha appena dato il via libera alle nuove classi di concorso. C’è chi sorride, chi è rimasto deluso e chi spera. Come i geografi.
Perché scorrendo gli otto ambiti prescelti dal Miur, sembrerebbe che stavolta l’abbinamento titolo di studio-disciplina d’insegnamento li abbia maggiormente tutelati.
Abbiamo sentito che ne pensa il professor Gino De Vecchis, professore ordinario di geografia nella facoltà di Lettere della Sapienza di Roma, afferente al Dipartimento di Scienze Documentarie, Linguistico-Filologiche e Geografiche, e presidente nazionale dell’Associazione italiana insegnanti di geografia.
Professor De Vecchis, secondo lei perché le ultime riforme della scuola secondaria hanno trascurato l’insegnamento della geografia?
Direi che la riforma della scuola secondaria di secondo grado, che ha preso il nome dall’allora ministro Mariastella Gelmini, ha indebolito in maniera pesante la geografia. La sua incomprensibile penalizzazione, all’interno degli ordinamenti scolastici italiani, risulta pressoché unica nel panorama europeo e occidentale, che al contrario sta riscoprendo le valenze educative e professionalizzanti di questa disciplina.
Ci può fare qualche esempio di geografia valorizzata all’estero?
Nel Regno Unito la Geografia, largamente rappresentata in tutti gli atenei, è la scienza sociale più rilevante. Tuttavia, la stessa penalizzazione, operata nella riforma, è stata occasione sia per interrogarsi sul ruolo della disciplina sia per coinvolgere direttamente la pubblica opinione, che ha risposto con convinta partecipazione alle sollecitazioni dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e delle altre associazioni geografiche.
Ma nei governi e al Miur non sembrano pensarla allo stesso modo?
Dal 2008 sono stati compiuti alcuni passi in avanti, a partire da un’attenzione maggiore negli stessi ambienti ministeriali, concretizzatasi, tra l’altro, nel 2013 con un decreto legge ad opera del ministro Maria Chiara Carrozza che ha potenziato l’insegnamento della geografia generale ed economica con un’ora in più nel biennio iniziale negli istituti tecnici e professionali. In questo modo il provvedimento ha inteso porre l’accento sul ruolo formativo dell’educazione geografica.
Perché è importante studiare bene la geografia a scuola?
Le “disavventure” trascorse della geografia testimoniano in ogni caso la sottovalutazione delle potenzialità del sapere geografico, consistente sia nel comprendere in chiave sinottica fenomeni fisici, antropici e socio-economici, direttamente o indirettamente interagenti in realtà spaziali, sia nel fornire quell’intelligenza della complessità utile a interpretare il territorio in cui si vive, oltre che a valutare i grandi problemi legati alla globalizzazione. In altri termini, il sapere geografico può svolgere una funzione formativa, strategica e cruciale, in quanto si occupa del funzionamento del mondo dal punto di vista spaziale.
E i mass media? Vi aiutano a trasmettere questo messaggio?
Non sempre. Le risorse plurime della geografia, però, sono state bene espresse in un editoriale, pubblicato il 13 agosto 2015 dal The Guardian, dedicato alla nascita di una nuova stella (A star is born), non più Cenerentola: la geografia. Secondo l’autorevole quotidiano britannico il motivo principale dell’attuale affermazione della geografia nel Regno Unito – anche in termini di impiego – dipende dal fatto che la geografia è materia per il nostro tempo, essendo intrinsecamente multidisciplinare, in un mondo che valorizza le persone competenti nelle scienze fisiche e sociali, sempre più necessarie anche per le possibili applicazioni lavorative. È auspicabile che anche Italia la geografia prosegua il cammino di valorizzazione e rilancio intrapreso in tanti altri Paesi.
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Una delle deleghe affidate al governo dalla Legge 107 è il nuovo reclutamento: cosa si sente di consigliare sul fronte della geografia?
Un punto importante sul quale riflettere e apportare cambiamenti significativi, riguarda la formazione iniziale dei docenti: dalla ripartizione dei crediti formativi da superare per conseguire il titolo di studio: appare chiara la sottovalutazione della Geografia nei confronti delle altre discipline che il docente impartisce. La mancanza di adeguate e aggiornate basi epistemologiche e didattiche è probabilmente la principale causa delle misconoscenze sul ruolo educativo della geografia nella scuola italiana. Questa impostazione si ripete nella pratica scolastica, per cui l’insegnante meno preparato in Geografia tende a trascurarla, aggravando ancor di più lo stesso carico didattico, già ridotto.
Ha visto la bozza sulle nuove classi di concorso: è soddisfatto per la collocazione, nell’ambito disciplinare, dei laureati in geografia?
Un passo avanti riguarda la recente revisione delle classi di concorso, almeno per la ex A/39, ora A/21. Nel nuovo quadro è stata eliminata l’atipicità presente nella precedente classe che consentiva a docenti, privi di competenze specifiche, di insegnare Geografia, spesso svilendone la natura.
Quindi, rispetto alle tabelle di confluenza degli ultimi anni, la spendibilità della laurea in geografia sul fronte dell’insegnamento è migliorata?
Sembrerebbe di sì. Oltre all’atipicità venuta meno, c’è l’individuazione di una classe autonoma e specifica per gli istituti Tecnici ad indirizzo Economico e Turistico e per l’ora in più nel biennio iniziale negli istituti tecnici e professionali: sono garanzia di una professionalità che solo gli abilitati nella A/21 possono produrre, anche in ragione dell’accesso, che è limitato alla laurea in Geografia o all’acquisizione di 48/36 crediti formativi.
Cosa è che vi ha deluso?
Rimangono molti problemi nelle classi di concorso di materie letterarie, dove l’acquisizione di soli 12 crediti nel SSD MGGR/01 appare decisamente esigua. Tra l’altro, la scarsa considerazione per la disciplina, riservata alle norme per l’accesso all’insegnamento, trova purtroppo riscontro nella prassi didattica.
Vi aspettate che vengano messi a bando dei posti per geografia alle superiori in tutte le province?
Ovviamente ci farebbe piacere. Non dipende però da noi, ma delle decisioni che hanno preso al Miur su posti vacanti e proiezioni per il prossimo triennio.
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