A poco più di 60 giorni dalla fine dell’anno scolastico, sono diversi i motivi d’incertezza per i docenti e tutto il personale scolastico. Ad iniziare dal rebus sulla mobilità.
Ci sono diverse situazioni in sospeso: dalle incognite sui nuovi trasferimenti alla chiamata diretta, dal nuovo merito al mancato rinnovo contrattuale, sino alla riformulazione dei comparti ministeriali.
Abbiamo fatto il punto della situazione con Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, il sindacato che vanta la maggiore rappresentanza lavorativa nella scuola.
Pantaleo, siamo ormai ad aprile e l’Ordinanza sulla mobilità non arriva: comunque vada, si andrà fuori tempo massimo con seri problemi per organici, trasferimenti e assunzioni. Si poteva evitare tutto questo?
È grave che non si conoscano le ragioni del ritardo del nulla osta di Funzione pubblica e Mef per la sottoscrizione definitiva dell’intesa del 10 febbraio sull’ipotesi di contratto annuale della mobilità 2016/2017. La successiva ordinanza ministeriale è fondamentale e urgente per indicare le modalità di presentazione delle domande e la modulistica da utilizzare. Anche da questa vicenda emerge che bisogna mettere mano rapidamente a una riforma dei meccanismi di controllo sugli atti delle pubbliche amministrazioni. Non è più tollerabile, infatti, che organi burocratici intervengano in maniera arbitraria e immotivata su intese contrattuali sottoscritte a vari livelli, con interpretazioni spesso fantasiose delle leggi e dei contratti. Voglio ricordare che l’intesa sulla mobilità è frutto di una mediazione raggiunta con il ministro Giannini e il sottosegretario Davide Faraone.
Come vi comporterete se la Funzione Pubblica o la Ragioneria dello Stato dovessero modificare l’accordo del 10 febbraio da voi sottoscritto con il Miur?
Se la Funzione Pubblica o la Ragioneria dello Stato dovessero fare dei rilievi all’intesa significherebbe che disconoscono il lavoro faticoso fatto dalle organizzazioni sindacali, dai dirigenti del Miur e dalle massime cariche politiche per raggiungere un difficile accordo nell’interesse della scuola e dei diritti dei docenti. Se dovessero essere imposte modifiche sostanziali, la Flc Cgil non sarebbe disponibile a firmare una nuova intesa, perché da quel punto di mediazione non intendiamo recedere di un millimetro. In assenza di un’intesa definitiva la responsabilità del caos sarebbe tutta del Miur e del Governo.
Lo sa che tanti neo-assunti delle fasi B e C della Buona Scuola ce l’hanno con voi, perchè se passa quel testo risulterebbero gli unici non tutelati?
Sono molti i risultati positivi acquisiti con il nuovo contratto della mobilità rispetto ai contenuti della Legge 107. Non tutte le richieste del sindacato hanno avuto un esito positivo, a partire da quella di posticipare di un anno l’avvio del nuovo sistema di assegnazione agli ambiti del personale conseguente alla regolamentazione del piano assunzione straordinario. Così come gli ostacoli posti dalla Legge 107/15, che si sono rilevati insormontabili per i docenti assunti nelle fasi B e C. Come è noto, per la prima volta nella storia del reclutamento della scuola, al personale immesso in ruolo, con le fasi B e C, non viene assicurata la titolarità di sede e quindi possono accedere su tutti i posti disponibili negli ambiti nazionali, se assunti da GaE, o su ambiti provinciali, se assunti da concorso. È evidente che la disparità di trattamento tra docenti non deriva dall’intesa, ma dalla legge che deve essere cambiata con tutti i mezzi possibili, compreso il referendum.
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Intanto a settembre arrivano albi territoriali e chiamata diretta: i presidi riusciranno a gestire le assunzioni sganciate dalle graduatorie?
Abbiamo ottenuto che l’assegnazione dei docenti agli ambiti sarà demandata ad una apposita sequenza contrattuale, da adottarsi entro 30 giorni dalla sottoscrizione definitiva dell’intesa per definire procedure, modalità e criteri attuativi per l’assegnazione alle scuole dei docenti che acquisiranno al termine della mobilità la titolarità sugli ambiti. Anche in questo caso, la Flc Cgil non accetterà né sottoscriverà alcun accordo che preveda la chiamata diretta. E il negoziato dovrà sottrarre questa delicata materia alla discrezionalità del dirigente scolastico. È in gioco la libertà di insegnamento e di apprendimento.
Nelle scuole c’è disorientamento per l’applicazione del ‘merito’ che la 107/15 ha affidato ad una stretta cerchia di docenti. Con il Miur che non vuole portare la questione al ‘tavolo’ di contrattazione dirigente-Rsu. Come finirà?
I caratteri autoritari della Legge 107 sono sempre più evidenti e nelle scuole si rischia l’esplosione di conflitti. Le criticità relative al personale Ata, il tentativo di indebolire la funzione degli organi collegiali e della contrattazione, la riduzione di spazi di democrazia. Un atto unilaterale sull’assegnazione del bonus sarebbe l’esatto contrario di un modello di scuola nella quale trasparenza, partecipazione, confronto siano le condizioni indispensabili per cambiare, migliorare, riformare.
Ma diversi sistemi scolastici si sono orientati verso il modello ‘premiale’?
La logica dell’uomo solo al comando non può favorire alcun beneficio, né elevare la qualità dell’offerta formativa, ma determinerà solo risentimenti e conflitti. Noi vogliamo valorizzare la funzione del Collegio docenti e delle Rsu, perché bisogna saper coniugare la valorizzazione del lavoro con i necessari cambiamenti, ricercando sempre il massimo consenso possibile.
Il Ministero però sostiene che la 107/15 parla chiaro: il merito non si assegna per contrattazione, ma passa per i criteri del comitato creato ad hoc.
Se il bonus, come recita la stessa legge, è salario accessorio, non può configurarsi come elargizione discrezionale del dirigente scolastico. Il Comitato di valutazione non ha nessun potere reale e tutta la procedura dell’assegnazione del fondo per il merito rischia di cancellare i canoni della trasparenza, dell’imparzialità, dell’equità e dell’antidiscriminazione. In nessuna pubblica amministrazione il dirigente è un’autorità salariale.
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Nel frattempo, un altro anno scolastico sta terminando senza rinnovo del contratto.
Il rinnovo dei contratti per i dipendenti pubblici è un diritto costituzionale, come ha sancito recentemente una sentenza della Corte Costituzionale. Il rinnovo del contratto nazionale è uno strumento essenziale per recuperare la perdita del potere d’acquisto dei salari e di riconoscimento e tutela dei diritti dei lavoratori della scuola. Rivendichiamo risorse adeguate e immediate per stipulare contratti all’altezza delle aspettative di dirigenti scolastici, personale Ata e docenti. Vogliamo lanciare anche una sfida di innovazione vera nei contenuti contrattuali, regolando tutte le materie relative al rapporto di lavoro e affermando la parità di diritti tra lavoratori precari e a tempo indeterminato. La contrattazione di secondo livello deve essere rafforzata, estesa e qualificata aumentando le competenze e responsabilità delle Rsu. E i contratti nazionali che vogliamo rinnovare devono essere forti e esigibili.
La Pubblica Amministrazione è ad un punto di svolta: il 4 aprile potrebbe arrivare l’accordo all’Aran sulla riduzione dei comparti da 11 a 4. È così?
Nei prossimi giorni si dovrebbe raggiungere l’intesa relativa alla costituzione dei quattro comparti di contrattazione che è l’atto preliminare, previsto dalla legge Brunetta, per rinnovare i contratti pubblici. La definizione dei quattro comparti implica aspetti complessi e delicati sul versante della rappresentanza. Non servono forzature e tantomeno logiche di semplificazione e accorpamento della funzione delle diverse organizzazioni sindacali attraverso meccanismi coercitivi. Per la Flc Cgil, che è il sindacato più rappresentativo in tutti i comparti della conoscenza, il pluralismo e la democrazia sindacale sono valori fondamentali da cui non si può prescindere per innovare struttura e contenuti dei contratti.
Cosa cambierà per la scuola?
La definizione del comparto della conoscenza (scuola, università, ricerca e Afam) è sicuramente un punto avanzato per garantire la valorizzazione di tutte le professionalità presenti nei diversi settori, anche per mettere in campo politiche di filiera capaci di cogliere le necessarie connessioni tra istruzione, formazione e ricerca come avviene in tutta Europa. La struttura contrattuale deve prevedere un accordo di comparto relativo ad alcune materie comuni e demandare ai contratti di settore tutti gli aspetti retributivi, la valorizzazione professionale, gli inquadramenti, organizzazione del lavoro e orari, disciplina del rapporto di lavoro.
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