La FLC Cgil, insieme alla Uil Scuola, Snals Confasl e Gilda Unams, ha posto alla base dello stato di agitazione una piattaforma rivendicativa molto molto chiara, dal momento che nella legge di bilancio 2022 non ci sono le risposte che attendevamo. Il governo ci ha convocato il 23 novembre al tavolo della conciliazione. In quella sede abbiamo valutato negativamente la qualità delle risposte che ci sono state date e abbiamo indetto lo sciopero il 10 dicembre prossimo.
Stanti gli impegni che il Governo aveva preso con il “Patto per la scuola” del maggio 2021, con la legge di bilancio 2022 ci attendevamo parole chiare su: aumento del fondo per la valorizzazione professionale dei docenti, la proroga dei contratti covid anche per gli Ata, un segnale tangibile per il superamento definitivo del precariato, il superamento dei blocchi sulla mobilità per docenti e Dsga neo assunti, la soluzione dell’annosa questione dei facenti funzioni che da molti anni coprono oltre il 20% dei posti vuoti di Dsga, la riduzione del numero degli alunni per classe con il definitivo superamento del DPR 81/09, un dimensionamento delle scuole che le renda gestibili con alla testa di un Ds e un Dsga al di là delle sue dimensioni, la caducazione di altre norme a costo zero e sbagliate sul piano pedagogico-didattico come l’insegnamento di scienze motorie nella scuola primaria, un investimento sul Sidi a per una reale semplificazione del lavoro amministrativo.
Se per tre cifre si intendono almeno cento euro medi lordi (il calcolo si fa al lordo delle trattenute) non siamo, per la precisione, alla metà ma a qualcosa di più. Il fatto è che siamo comunque ben lontani da aumenti che siano corrispondenti al valore delle professionalità della scuola. La questione non è di oggi, ma senza dubbio oggi, dopo due anni di pandemia e lo sforzo enorme che ha fatto la scuola, ci aspettavamo dal Governo un segnale vero sugli investimenti, a partire da quelli sul contratto.
Nonostante decenni di disinvestimento con classi sovraffollate e tagli al personale e alla didattica ingiustificati e rovinosi, la scuola rimane un presidio di resistenza democratica che da sola, a mani nude, affronta tutte le emergenze preparando le studentesse e gli studenti a vivere in un mondo sempre più complesso. Occorrono allora una vera inversione di tendenza con investimenti che devono essere consolidati nel bilancio dello Stato, a partire da quello sul personale della scuola.
C’è un divario di 350 euro tra le retribuzioni della scuola e quelle di altri comparti pubblici equivalenti per titoli di studio. Abbiamo i docenti peggio pagati d’Europa e checché ne dicano degli improvvisati notisti, i docenti italiani lavorano quanto, e talora di più, in termini orari, dei colleghi dell’Unione.
Le regole che richiamavano il tasso di inflazione programmata poste alla base per il rinnovo dei contratti nel settore pubblico sono venute meno da molti anni. Solo l’indennità di vacanza contrattuale viene calcolata sulla base di quel parametro. Ciò vuol dire che i riferimenti al tasso di inflazione programmata non sono più attuali. Le risorse vengono stanziate sulla base di una decisione puramente politica. Semmai bisogna sottolineare che a differenza dei settori privati, il pubblico impiego è rimasto 10 anni senza rinnovo. Possiamo poi aggiungere che della politica economica fondata sulla deflazione salariale l’Italia sta pagando le spese drammaticamente. Ora serve andare nella direzione opposta, aumentare i salari restituendo dignità al lavoro e rafforzando la domanda interna.
Trovo il riferimento alla dedizione davvero offensivo. Riconoscere la complessità del lavoro dei docenti per noi vuol dire valorizzarne la funzione senza creare gerarchie. L’idea che la competizione tra i lavoratori migliori la qualità è totalmente falsa: è pura ideologia. Ogni volta che si deve riconoscere il lavoro docente viene fuori questa rimasticatura. Chi giudicherà la dedizione? Quanto varrà la dedizione? Siamo alla paranoia valutativa….
Ma così facendo, si rischia solo di scardinare il senso stesso del fare scuola. Fare scuola si può solo in un ambiente non concorrenziale, ma democratico e cooperativo. Io penso che il punto vero oggi sia restituire valore a questa professione e questo avviene iniziando a colmare quel divario a cui facevo riferimento prima.
Poi, certo che si deve riconoscere il maggiore impegno, remunerare chi svolge un lavoro aggiuntivo, in zona difficile, chi assume funzioni e incarichi didattici. E gli organi collegiali, il Collegio in primis, devono essere lasciati a governare questa impostazione. Nella nostra piattaforma prospettiamo una valorizzazione che vada in questa direzione. Ma, preliminarmente, vogliamo prendere atto che lo stipendio base dei docenti e della stessa Rpd vanno incrementato? Altrimenti si parte col piede sbagliato e si ripetono errori che credevamo battuti dalla storia di questi venti ultimi anni: vi diamo qualcosa ma ve la dovete conquistare con le unghie e con i denti….
In quanto alla Card siamo del parere che debba essere ricondotta al Ccnl prevedendo un’estensione a chi adesso non ne usufruisce (precari, educatori, Ata) ma con l’avvertenza che non ci può essere alcuna penalizzazione sul piano del riconoscimento economico. Ad esempio, si potrebbero devolvere al Ccnl parte dei fondi stanziati dal Pnrr per la formazione del personale scolastico e istituire una nuova card che copra anche i costi delle categorie di cui sopra.
La legge sui contratti del Pubblico impiego ha sancito che la mobilità è materia contrattuale seppur nei limiti fissati dalla norma stessa. È chiaro che una legge non è intoccabile e la stessa autorità che l’ha approvata, il Parlamento che è sovrano, può poi modificarla.
Ma ricorrere alle leggi per la pressione di questa o quella lobby, di questa o quella regione o territorio, di questo o quel partito, crea solo guasti. Perché, mentre la legge per la sua rigidità scava solchi difficilmente rimediabili, il contratto, al contrario, ha un ampio margine di flessibilità, peraltro rivedibile ogni tre anni. Noi ci battiamo per far ritornare tutto alla sede contrattuale a partire dal contratto integrativo.
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