I sindacati di base non usano mezzi termini: l’intesa siglata nella notte fra i 5 sindacati rappresentativi e il Governo è solamente aria fritta.
“L’intesa – dichiara Piero Bernocchi, portavoce Cobas – è fuffa e basta leggere con attenzione il testo per rendersene conto. Nel punto relativo alla regionalizzazione la fuffa parte già dal titolo: si parla di “La scuola del Paese”, mentre la parola ‘regionalizzazione’ è saltata a pie’ pari. Vi si dice banalmente che verrà rispettata la Costituzione – e vorremmo vedere – perchè il Governo ‘si impegna a salvaguardare l’unità e l’identità del sistema nazionale di istruzione garantendo lo status giuridico di tutto il personale regolato dal CCNL’. Ossia l’ovvio, mentre le ulteriori aggiunte per ‘garantire la tutela dell’unitarietà degli ordinamenti statali e dei curriculi’, oltre al sistema di reclutamento, non impegnano seriamente il Governo perché il termine ‘unitarietà’ non significa ‘unità’ ma magari alcune regole comuni generali e poi differenze significative su tutto il resto”.
“Fuffa totale – continuano i Cobas – è anche il punto messo all’inizio dell’intesa per guadagnarsi benemerenze sulla vicenda contrattuale e salariale. Infatti il governo si limita ad ‘impegnarsi per reperire risorse in occasione della legge di bilancio 2020 per un graduale avvicinamento all’Europa’. E sapendo quello che ci aspetta nella legge di bilancio, è un impegno ridicolo non suffragato né da cifre né da dati credibili”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas: “I Confederali si sono venduti per delle promesse e un piatto di lenticchie sul contratto, del quale non se ne parlerà che dal 2020 con un anno che va in cavalleria. Ma la questione fondamentale resta la regionalizzazione per Scuola è Università rispetto alla quale non c’è nessun accordo serio, tanto che l’intesa non tocca per nulla il punto principale che intende affermare la Lega e che hanno richiesto le Regioni Veneto e Lombardia: si tratta della gestione regionale del personale”.
“L’accordo fra questi sindacati e il governo – conclude l’Unicobas – apre quindi la strada alla regionalizzazione ed in questo modo, rassicurato dall’accordo, apre la strada ad una approvazione veloce del peggiore punto del contratto del governo pentalegato”.
Anche la CUB Scuola ritiene che “le concessioni che il Governo ha fatto ai
sindacati istituzionali e il passo indietro per quel che riguarda la
regionalizazione della scuola, di per sé positivo ma scontato, non
affrontino in alcun modo la questione centrale posta dalle lavoratrici e
dai lavoratori della scuola e cioè il riconoscimento del diritto ad
aumenti retributivi tali da recuperare quanto perso negli ultimi anni e
cioè più del 10%”.
I Partigiani della Scuola Pubblica, che fin da subito aveva annunciato la loro partecipazione allo sciopero del 17 maggio, parlano di un incontro dal quale “escono solamente impegni generici sulla difesa del prestigio sociale dei docenti, sul rinnovo contrattuale, su percorsi abilitanti transitori per il reclutamento dei docenti con oltre 36 mesi di servizio, promesse vaghe e indeterminate a beneficio dei DSGA facenti funzione e sul reclutamento dei ricercatori e dei docenti AFAM”.
Altrettanto generico, secondo i PSP, sarebbe l’impegno sul tema della autonomia differenziata dal momento che nell’intesa si parla solo di “salvaguardia dell’unità e di identità del sistema nazionale di istruzione e di ricerca”.
I PSP si dicono convinti che i governatori di Veneto e Lombardia intendono “mettere le mani sui soldi della scuola pubblica, statale ancora per poco in quelle regioni”.
“Una volta che i soldi dell’istruzione verranno gestiti a livello locale – sostengono i Partigiani – spetterà alle regioni ripartirli tra scuole pubbliche e private. Insomma l’obiettivo finale del vecchio partito secessionista è e rimane sempre lo stesso: gestire i soldi in prossimità per favorire i privati amici. Certo che quelle poche istituzioni statali che sopravviveranno si potranno dotare di docenti con un contratto statale, ma quanti perderanno il posto per la concorrenza delle scuole paritarie che diventerà assolutamente sleale con l’aumento dei finanziamenti pubblici?”
Per parte sua l’USB coglie l’occasione per sottolineare l’errore commesso dalle altre sigle del sindacalismo di base che hanno deciso di proclamare uno sciopero nazionale insieme con i sindacati rappresentativi, considerati del tutto inaffidabili e disposti a compromessi di basso profilo.
“L’unico vero sciopero – sostiene l’USB – è quello di tutto il pubblico impiego proclamato da tempo dal nostro sindacato per il 10 maggio”.
A questo punto la situazione che si profila è questa: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda sospendono lo sciopero del 17 maggio che viene invece confermato da Cobas, Unicobas, Anief e CUB. E nella stessa data ci potrebbe essere anche una manifestazione nazionale a Roma.
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