Come ogni anno in anno in questo periodo, alla pubblicazione dei risultati Invalsi ha fatto immediato seguito l’avvio della “caccia” ai responsabili del calo degli apprendimenti e dell’elevata dispersione scolastica nelle scuole italiane. La Tecnica della Scuola ha cercato di fare chiarezza organizzando un sondaggio su questo tema: ebbene, la maggioranza assoluta dei quasi 600 lettori che hanno risposto, quasi il 90% docenti, attribuisce alle classi pollaio la causa principale della riduzione di conoscenze e competenze in circa la metà degli alunni italiani. La pensano in questo modo, attribuendo la responsabilità quindi alle classi affollate, ben due insegnanti su tre.
Una situazione, tra l’altro, che ha origine in tempi non sospetti, ben prima della pandemia, poiché figlia della riforma Tremonti-Gelmini approvata nel 2009 (Dpr 81), che ha alzato la quantità di alunni collocati in ogni aula scolastica: ora, tanti lettori ritengono che proprio l’alta numerosità degli alunni in classe renda effettivamente più difficile realizzare un tipo di didattica realmente efficace.
Una scuola efficace, sempre per i lettori della Tecnica della Scuola, è quella che può predisporre approcci personalizzati, attivi, cooperativi, arricchiti da metodologie innovative. Il punto è che in classi numerose, spesso con alunni Dsa, Bes e con disabilità, l’unica cosa che il docente riesce a portare a termine è la lezione frontale. E quella personalizzata non può avere l’attenzione che merita.
Il limite, che in quasi 15 mila classi si traduce in oltre 26 iscritti, dovrebbe risolversi nel giro di pochi anni, promette il ministro Bianchi riportando le proiezioni sui tassi di natalità: “Il vero problema del paese è che tra il 2021 e il 2031, noi perdiamo 1 milione e 400mila bambini, cioè si arriverà a un’emergenza nazionale”.
“Io – ha detto il ministro – ho qui i dati che ci dicono che noi abbiamo una media per la primaria che va da 19 a 18 alunni per classe; per la scuola media si va da 20 a 20,2 alunni per classe; e nelle superiori siamo tra 20,9 e 20,2. Questa è la media. Poi nella scuola superiore possiamo ancora rilevare qualche addensamento come effetto ritardato della curva demografica. Ma il nostro problema sarà come fare a tenere aperte le scuole. Ad esempio nelle Marche,” ha concluso il ministro.
Peraltro la risposta “Servono classi con pochi alunni” resta preponderante anche tra chi insegnante non è. Infatti, anche le famiglie (almeno il 50% di loro) ritengono che la scuola dovrebbe puntare a costituire classi poco numerose.
Tra gli altri fattori indicati come possibile motivazione delle basse performance raggiunte dai nostri alunni, circa il 10% dei docenti per migliorare la situazione vorrebbe invece una didattica più attiva e meno tradizionale, ma anche una formazione migliore.
Diversi lettori della Tecnica della Scuola hanno preferito rispondere al sondaggio con il quesito a risposta aperta, che ha permesso loro di esprimere suggerimenti diversi. Segnaliamo in particolare due tematiche ricorrenti: la causa dell’attuale stato di cose viene attribuito alla facilità della promozione (si chiede una scuola più severa) e al dilagare dei progetti a discapito della didattica nella scuola, spesso definita per questo progettificio.
Precisiamo che l’indagine è stata realizzata dalla testata giornalistica “La Tecnica della Scuola” nel periodo che va dal 5 al 7 luglio 2022. Hanno partecipato 567 lettori. Il sondaggio non ha carattere di scientificità: i risultati derivano da conteggi automatici.
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