“Abbiamo cicatrici addosso, come sulla matematica, ma la scuola ha tenuto”. Così il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi durante la presentazione dei dati Invalsi nella mattina del 6 luglio.
“I dati dimostrano che abbiamo tenuto durante la pandemia – ribadisce il ministro – e quest’anno siamo addirittura in fase di ripresa. E questo conforta sulla scelta di tornare in presenza, una scelta sulla quale non tutti erano d’accordo. La presenza ci ha permesso di frenare la caduta e anche di riprenderci. La pandemia ha aumentato le differenze ma in alcune regioni del sud c’è stata una capacità di reazione, per esempio sulla dispersione. Ci vuole tempo: una pandemia così totale, non conclusa e così permeante ha lasciato tracce ma il sistema esprime una volontà di reazione. L’obiettivo di ritornare in presenza e sicurezza va perseguito come abbiamo fatto quest’anno”.
E aggancia il discorso sulle riforme in atto, partire dalla recentissima Legge 79/2022: “Dovevamo fare una riforma entro giugno, ne abbiamo fatte tre. Spesso in Italia – ha continuato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi – si fanno polemiche autoflagellanti e poi all’estero si scopre che abbiamo una immagine migliore di quello che pensavamo”.
“Abbiamo accolto 30 mila allievi ucraini nelle scuole italiane, abbiamo una attenzione a non lasciare indietro nessuno. Abbiamo fatto sperimentazioni fantastiche con l’accoglienza degli ucraini ma i problemi linguistici sono enormi. Abbiamo scelto di lavorare sull’inclusione, l’Italia ha fatto da tempo questa scelta sull’accoglienza e ci viene
riconosciuto a livello internazionale. In altri Paesi la scuola non è un bene pubblico ma privato. In America si hanno 50 mila dollari di debito se ci si diploma e altri ancora se ci si laurea, la scuola in Italia è pubblica ma non è così dappertutto”, ha proseguito.
“La DaD non è il diavolo – precisa esprimendo una posizione simile quella di Roberto Ricci, presidente dell’Invalsi – con grandi sacrifici studenti, famiglie e docenti hanno usato tutti gli strumenti per mantenere
il contatto con la scuola, in altri Paesi non è stato così”, ha detto ancora Bianchi. “Il Pnrr ci permette di affrontare alcune tematiche, non di risolverle tutte: non riusciamo a fare interventi per tutte le 44 mila scuole che abbiamo, ma abbiamo
iniziato a mettere dei paletti. Dei 12 miliardi a disposizione già per bando ne abbiamo attribuiti 10. Una competenza da richiedere è quella digitale: l’obiettivo è formare 650 mila docenti entro il 2026. Non un euro viene disperso né dato a pioggia: si facciano meno polemiche, fanno male al Paese”, ha concluso.
La Tecnica della Scuola interroga i propri lettori su quelle che potrebbero essere le strategie non solo didattiche ma di sistema che potrebbero aiutare la scuola ad essere più efficace sul fronte delle competenze degli alunni e della riduzione dei tassi di abbandono scolastico. Come migliorare le competenze e ridurre la dispersione scolastica?
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