“Basta con questa didattica delle competenze, torniamo alle conoscenze!”. Basta con tutte queste chiacchiere inutili sulle competenze che ci fanno lambiccare il cervello a discapito del sapere disciplinare. A furia di parlare di competenze, gli alunni diventano sempre più ignoranti. Ci vogliono, insomma, più conoscenze e meno competenze nella scuola dell’autonomia? Oppure bisogna sperimentare il contrario di quanto si viene affermando? O meglio considerare tutte le due questi parametri nella ugual misura? Occorre potenziare le conoscenze per contrastare l’analfabetismo di ritorno.
Sembra essere questo il dilemma, si direbbe il dubbio amletico che avvinghia, attanaglia la didattica di oggi. Se conoscenza e competenza sono ben definibili nella scuola primaria dove si progetta per competenze da far acquisire al bambino, alcune incertezze sulle ricadute didattiche si notano alla scuola secondaria di primo e secondo grado, che su questo tema si stanno dibattendo. Tuttavia non è vero che le conoscenze non servono più. Occorre valorizzarle più delle competenze perché nella nuova frontiera della didattica si sta enfatizzando troppo la competenza perdendo di vista l’importanza della conoscenza. Si parla troppo di competenza e questa espressione è diventata nella scuola la “parola magica” su cui ruota il nuovo modo di insegnare. La didattica delle competenze privilegia il contatto diretto con la realtà, quello che viene definito il compito di realtà. L’alunno sviluppa questo compito di realtà attraverso il senso pratico di tutto ciò che lo circonda partendo dall’informazione, proseguendo per la conoscenza, per poi arrivare all’abilità che si deve tradurre in competenza.
Con questo approccio eccessivamente aderente alla realtà, sembra far sminuire il concetto di conoscenza. La competenza deve essere il risultato complessivo di una serie di apprendimenti e l’apprendimento si costruisce attraverso il sapere. La didattica delle competenze non deve far perdere l’orizzonte primario e basilare della conoscenza, del sapere che deve essere l’asse portante per sviluppare una competenza, senza la quale l’una non può esistere senza l’altra. Ci deve essere, quindi, un rapporto di complementarietà tra la conoscenza e la competenza, permeato dal compito di realtà. Se l’alunno deve eseguire un compito di realtà e al termine del percorso deve essere in grado di sviluppare una competenza è fondamentale che sappia, che conosca, che abbia i prerequisiti per giungere alla competenza. La didattica delle competenze, attraverso il compito di realtà non deve prescindere dalla conoscenza e soprattutto sminuire il valore del sapere, in virtù del fatto che l’alunno sa fare anche se non conosce il procedimento. Sono le conoscenze le uniche che contano per la formazione degli studenti.
Prima di tutto loro devono sapere perché nella vita e per partecipare ai pubblici concorso l’unica cosa che conta sono le conoscenze. Per tale ragione bisogna insistere molto sulle conoscenze e fare in modo che gli studenti allarghino il più possibile gli orizzonti del sapere. È necessario farlo perché quando i nostri studenti affrontano una prova di cultura generale cadono inesorabilmente, perché, appunto, non possiedono le conoscenze di base di tutte le discipline. Hanno delle nozioni sporadiche, frammentate e, spesso, nei questionari a risposta chiusa rispondono a caso, tentando di indovinare la risposta giusta. Gli studenti devono essere consapevoli che tutte le tipologie di concorsi pubblici e privati prevedono una prova preselettiva di cultura generale per monitorare se lo studente possiede o meno quelle conoscenze minime generali di quanto ha appreso sui banchi di scuola.
E, invece, quando ci si imbatte nella correzione degli elaborati contenenti domande di cultura generale c’è veramente da mettersi le mani in testa, da restare sbalorditi, in quanto le risposte ivi contenute sono a dir poco assurde e denotano una superficialità e pochezza di saperi acquisiti. È bene che la scuola prenda atto di questo e insista molto sulle conoscenze di base che gli alunni devono possedere al termine di ciascun ciclo d’istruzione. Si tratta di quelle conoscenze globali che lo studente potrà poi spendere nel mondo del lavoro che oggi è molto competitivo. Solo quando avranno quel bagaglio di conoscenze che permetterà allo studente di muoversi nel mondo, possiamo parlare delle competenze da mettere in pratica. Fatto sta che in tema di cultura generale c’è da interrogarsi e aprire un serio, costruttivo e approfondito dibattito perché il livello di conoscenze è veramente basso per cui c’è poco da scherzare e prendere la cosa sottogamba. Necessario è riflettere sull’utilizzo efficace e produttivo delle conoscenze e solo di quelle!
Mario Bocola
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