Sulla questione delle prove Invalsi e sulle modifiche introdotte in materia interviene in queste ore con un polemico documento l’Associazione Docenti Italiani, presieduta da Alessandra Cenerini.
“Con la nuova legislatura – si legge nel documento dell’ADI – stanno riprendendo vigore le voci che interpretano la valutazione come esclusivo compito soggettivo di ciascun insegnante. Nell’’Appello per la scuola pubblica’ firmato da prestigiosi nomi di accademici nazionali si pone un’alternativa secca tra conoscenze e competenze, difendendo unicamente le prime, e si confida in una sorta di capacità valutativa insita in ogni insegnante e di suo esclusivo appannaggio”.
“La conseguenza – prosegue l’ADI – è la difesa di un modello antico, in cui comparazione e dati sono elementi assolutamente estranei e del tutto inutili, con le conseguenze note. Così, si regredisce di anni e si fa sentire a gran voce la nostalgia per una scuola in cui la valutazione torna ad essere strumento soggettivo e discrezionale del docente, e i ‘dati’ un inutile orpello”.
L’Associazione chiarisce poi che “le prove Invalsi non sostituiscono la valutazione scolastica, né intervengono sui curricoli o sui modi di insegnare, ma mettono a disposizione i risultati di rilevazioni standardizzate su competenze circoscritte, che nei documenti ministeriali sono dichiarate essenziali per la formazione di ogni cittadino, in italiano, matematica e, per alcuni gradi scolastici, in inglese”.
“In tal modo – aggiunge ancora l’ADI – si può avere un punto di riferimento uguale per tutte le scuole italiane con cui confrontare la situazione di ogni area geografica del Paese e di ogni scuola al fine di individuare i punti di debolezza su cui intervenire a scopo migliorativo. L’Invalsi, non solo con le prove, ma anche con il percorso dall’autovalutazione alla rendicontazione, offre alle scuole la possibilità di uscire dall’autoreferenzialità”.
Ma ciò che proprio non piace alla associazione di Alessandra Cenerini è la recente decisione del Governo di spostare al 2019/20 l’entrata in vigore della disposizione del decreto legislativo n. 62/2017 per cui ai fini dell’ammissione all’esame, sarebbe stata necessaria la partecipazione alle prove Invalsi.
Secondo l’ADI, con questa decisione il governo ha voluto ”mettere un elemento di dubbio sulle prove Invalsi e su Invalsi in generale senza peraltro dare una spiegazione ufficiale e chiara della scelta”.
In tal modo si ottiene l’effetto di “sminuire il senso delle prove agli occhi degli studenti che potrebbero essere tentati di sottovalutarle o contrastarne il successo”.
“Un altro effetto certo – prosegue il documento – è quello di dare un segnale compiacente a quegli insegnanti, intellettuali, sindacati e associazioni avversi alle rilevazioni”.
Ma “si potrebbe persino cogliere un intento non dichiarato, in quanto, implicitamente, si lascia aperta la speranza di una futura revisione completa del sistema delle prove o, addirittura, della loro eliminazione. Un modo per avere il consenso del fronte tradizionalista, sia di destra sia di sinistra, avverso alla cultura della valutazione nel senso positivo del termine”.
Questo continuo “fare e disfare” tipico delle politiche scolastiche è certamente poco benefico e contribuisce ad alimentare lo scetticismo degli insegnanti, ma anche degli studenti e delle famiglie, nei confronti di qualsiasi novità che si tenti di introdurre nel mondo della scuola.
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