Quali le cause? Secondo l’Invalsi emergerebbero delle carenza nell’insegnamento, dal momento che “appare chiaro che uno dei punti deboli è proprio la preparazione degli insegnanti della scuola primaria, dove l’Inglese viene insegnato da maestre di matematica o di italiano, “costrette” anni fa a frequentare un corso abilitante di poche ore on line. Il risultato è che, tranne rari casi, le stesse maestre hanno scarsa competenza in lingua.
L’analisi della débâcle linguistica in un articolo del Sole 24 Ore, secondo il quale ci sarebbe un problema di didattica già alle scuole medie.
Infatti non c’è possibilità di crescita se la didattica è meramente trasmissiva e con metodiche che non approfittano dei numerosissimi strumenti digitali che oggi si possono reperire in “rete”, spesso “open source”.
Inoltre, è indubbia la diversità totale della lingua inglese, come grammatica e sintassi, rispetto all’italiano. Ma anche l’esiguo numero di ore di lingua inglese a settimana in tutti i cicli di studio, e, non ultima, la scarsa motivazione di tanti studenti sono fattori da considerare.
C’è anche da considerare come nei licei, dopo un biennio dove si acquisiscono le competenze base, al triennio si insegna letteratura inglese, si amplia il livello culturale degli studenti, lasciando indietro il potenziamento di alcune abilità linguistiche importanti per il rafforzamento della capacità di ascolto e di conversazione.
Gli studenti vengono preparati in letteratura utilizzando tre ore a settimana, ma poi le prove sono basate su tutt’altre abilità. Di contro, all’esame di Stato, fino allo scorso anno, l’Inglese era obbligatoriamente nella terza prova con domande di letteratura, e anche nel colloquio, appena riformato, si chiede agli studenti di effettuare i collegamenti interdisciplinari attraverso la letteratura inglese.
Le soluzioni? È assolutamente necessario- scrive Il Sole 24 Ore- riformare i corsi nelle università. I docenti che insegnano nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono più laureati in letteratura che in lingua. Fino a pochi anni fa, anche nelle università più prestigiose, gli esami orali si facevano in italiano e i docenti facevano lezione in italiano. I docenti di lingua inglese sono pertanto, in generale, poco preparati nell’insegnamento della lingua inglese perché all’università si insite moltissimo sulla letteratura, un po’ come al liceo.
Finché in Italia si penserà a risparmiare sulla formazione, a diminuire le ore di docenza, a mantenere un disallineamento tra contenuti insegnati e abilità da valutare, rileveremo sempre questa schizofrenia formativa e gli esiti dell’Inglese non miglioreranno.
E, sicuramente, è necessario ripartire con la formazione a tappeto di docenti nella metodologia Clil (Content and language integrated learning) che permette a un docente, ad esempio, di fisica, di insegnare la sua disciplina in lingua inglese. Ancora troppo pochi i docenti certificati per il Clil. Scientificamente provato che tale metodologia, oltre a rafforzare la competenza linguistica, favorisce l’apprendimento di qualunque materia non linguistica.
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