I lettori ci scrivono

Invalsi scopre la dispersione implicita, quasi fosse la particella di Dio

Notizia clamorosa e preoccupante ci giunge dall’Invalsi (l’ente giudicato superfluo e contestato da alcuni o molti per le sue prove a test o quiz).

L’invalsi stesso ha individuato o scoperto la prova dell’esistenza della “dispersione implicita”, che si affianca alla nota dispersione tout court che ora diventa “dispersione esplicita” (alias abbandono scolastico).

Quasi si trattasse di risultato scientifico simile o pari al bosone di Higgs (per gli amici: particella di Dio), la notizia viene diffusa con l’editoriale di ottobre 2019, dove possiamo testualmente leggere “I dati INVALSI rendono osservabile un fenomeno piuttosto diffuso che spesso sfugge alle statistiche: la dispersione scolastica implicita.

Una quota non trascurabile di studenti che conseguono il diploma non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola”.

L’editoriale viene giustamente e opportunamente ripreso, sintetizzato e diffuso da TS; anche la neo vice-ministra Anna Ascani attinge e ne parla nella sua “ ricetta per salvare la scuola” . Vedremo se il nuovo governo avrà modo e tempo per ridurre entrambe le dispersioni, quella esplicita e quella implicita.

Intanto qualche osservazione può essere utile per meglio inquadrare la questione.

Primo. La denominazione “dispersione implicita” appare impropria; meglio sarebbe “dispersione occultata” o “nascosta” perché questa dispersione è ben nota a tutto il mondo della scuola, cioè al binomio docenti-discenti e poi alla piramide organizzativa, burocratica, gerarchica dai presidi-ds in su fino al ministro, al governo, ai politici e ai sindacalisti rappresentativi e di base; ed è proprio il mondo della scuola che da decenni occulta e nega – in modi diversi è costretto a farlo oppure a indurre – questa dispersione letale e non vi provvede.

Il principale meccanismo che ha innescato e accresciuto questa situazione – ormai endemica – è l’abuso del voto di consiglio. Un possibile rimedio potrebbe perciò essere l’abolizione del voto di consiglio, lasciando inalterati i voti (anche se insufficienti) delle singole materie, unita all’abolizione della bocciatura: chi vuole comunque frequentare l’anno successivo lo faccia pure ma essendo cosciente che parte con alcune insufficienze. (L’ idea non è nuova e non è solo mia).

Secondo. Questa dispersione occultata (o implicita) che Invalsi presenta e vanta come suo trofeo o successo perché “fenomeno piuttosto diffuso che spesso sfugge alle statistiche” (!), e che il mondo della scuola ben conosce e però custodisce, in realtà è stata già individuata, da almeno un decennio, non con i metodi di indagine e analisi sofisticati (?) dell’Invalsi, ma con osservazioni semplici, ma anch’esse scientifiche e valide e con gli stessi risultati quantitativi.

Nella “lettera aperta al ministro Profumo”, scrivevo infatti: “se si ritiene applicabile la distribuzione o la curva di Gauss agli esiti degli esami espressi con un unico voto, si può rivelare un anomalo accumulo di voti pari al 6 per la terza media e di voti tra il 60 e il 64 per la maturità. Ciò potrebbe confermare che, un certo numero di esaminati non meritevoli di promozione è stato invece comunque promosso. Questo numero di promozioni agevolate può essere stimato intorno al 15-20%”.

E nella critica al decreto Giannini che aumentava il numero di “licei brevi” notavo: “diplomati quadriennali sicuramente meno preparati, formati e maturi degli attuali (v. nelle Università, i corsi di recupero di Italiano e Matematica per matricole).

Già adesso il rendimento della scuola superiore è insoddisfacente e pari al 50-55%, cioè di 100 iscritti al primo anno se ne diplomano nei 5 anni regolari solo 50 o 55; degli altri: circa 15 devono ripetere un anno o due, circa altri 15 vengono promossi con voto minimo, con un calcione, quasi un condono e i rimanenti 15 rinunciano, si disperdono”.

Vincenzo Pascuzzi

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