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Prove Invalsi, se copiare diventa un problema culturale e linguistico…

 

Dopo lo sciopero del 5 maggio, per la scuola italiana è arrivato il momento delle prove Invalsi. Il 6 e 7 maggio per le scuole elementari. Poi il 12 maggio per le superiori, mentre per gli studenti di terza media sarà svolto il 19 giugno, durante gli esami di stato. L’Invalsi lancia la sfida contro le prove “falsate”. Soprattutto al Sud, dice l’Istituto nazionale di valutazione, si copia molto e i docenti aiutano le classi. Un fenomeno che esiste solo in italia e che danneggia le valutazioni. 

Bisognerà vedere come verranno valutati i risultati, una volta riconsegnate le prove. Ogni anno l’Istituto se ne inventa una: aumento della sorveglianza, invio di lettere ai dirigenti scolastici per ricordare l’importanza di svolgere in modo onesto le prove, perfino con l’ordine delle domande diversificato e anche quello delle risposte, così da scoraggiare il “suggerimento” tra compagni.

Elisa Chiari su “Famiglia Cristiana” scrive che gli studenti italiani copiano troppo e in Inghilterra e in America accade molto meno.  Ed è una situazione che prende inizio già dal punto di vista linguistico. Infatti in inglese copiare (a scuola, a un esame) si dice “to cheat”, è una parola che ha significati tutti negativi: i suoi sinonimi sono barare, ingannare, frodare, gabbare.  In italiano copiare significa riprodurre fedelmente, con estensioni a imitare, emulare, prendere a esempio, dunque quasi con un’accezione positiva.  Tutto questo  – continua Chiari –  da un lato rispecchia una cultura, dall’altro la tramanda: un bambino inglese che va a scuola sa già, fin dal significato della parola che adopera, che copiare è un’azione disonesta. Un bambino italiano impara subito che copiare è un’arte e infatti in Italia è convinzione diffusa che saper copiare un compito senza farsi beccare sia sinonimo di abilità di scaltrezza e passare un compito sia un gesto di solidarietà.

L’Invalsi mette nel mirino tre regioni:  Campania, Calabria e Sicilia. Prime della lista la provincia di Caserta, in Campania, Foggia in Puglia (che però è una Regione dove si copia molto poco), Cosenza in Calabria, Messina in Sicilia. Sono le province dove il benessere socio-economico degli studenti è basso, ma al contempo anche quelle dove i risultati accademici sono minori.

“Bisogna trovare  lo spartiacque, il punto di caduta, il momento in cui una furbata diventa corruzione – conclude Chiari –  ma come facciamo a spiegare a un ragazzo che si è sentito “ganzo” tutto l’anno perché ha copiato bene, che poi all’esame non è più “ganzo” ma diventa imbroglione (tanto più che anche i compiti hanno valore legale)?  Sarà mica perché in italiano copiare si dice copiare e non barare, ingannare abbindolare, che la corruzione dilaga, senza subire la sanzione sociale che merita?”.

 

Andrea Carlino

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